Osservare con noncurante interezza

La mia empatia a volte è solo

  • Ansia: ascolto e presto orecchio e spalle non sempre perché sia una buona persona, ma anche perché voglio essere giudicata come tale.
  • Timore del giudizio: temo che se mostro meno attenzione verso le persone, posso perderle
  • Disabitudine all’auto-protezione: ascolto e mi faccio cuscinetto anche se non ne ho voglia e permetto agli altri di occupare i miei spazi.

Sono modelli relazionali e culturali: ci tengo a essere una persona gradevole, gentile e meritevole. A discapito di qualcosa? A volte, ma sempre di meno.

Sul piacere e sul giudicarsi ci ho pensato un po’, ed ecco perché siamo qui: ecco a voi il consueto post di bilancio di fine anno, e i miei auguri per il 2022.

Allungare la coperta

Qualche tempo fa ho conosciuto alcune persone, di cui molte benestanti per nascita: ho trascorso del tempo parlando di cibo, di lavoro, di case. Il tono era abbastanza formale, i commenti curiosi ma trattenuti: si vantavano per lo più di meriti non loro, curiosavano sui beni altrui, senza però dirlo in maniera esplicita. Il risultato è stata una conversazione dove all’elogio seguiva subito un impalpabile imbarazzo, e dove le domande avevano un sottofondo di morbosità. Mi sembrava di assistere a una rappresentazione teatrale, e pensavo solo: quanto saremmo tutti più rilassati se evitassimo lo sforzo di sembrare migliori? Di sembrare gradevoli, gentili, meritevoli.

Ci mostriamo migliori per diversi motivi: ci facciamo condizionare dal contesto, subiamo il peso delle aspettative, tendiamo a voler piacere agli altri.
Non trovate anche voi che sia stancante? E soprattutto: avete mai pensato che sia nel lavoro che nella vita avviene quanto più la coperta è corta?

Una estenuante ricerca di opportunità per accrescere il nostro capitale: economico, sociale, culturale

Se penso ai miei ultimi anni lavorativi, li sintetizzo così.
Mi sembra sia una definizione azzeccata per molti: in una profonda epoca di crisi e di mercati che cambiano, in una ridefinizione rocambolesca di ruoli e gerarchie, con vetrine digitali in espansione, abbiamo provato tutti a emergere, a fare la differenza. A raccontarci e sfoggiare i nostri meriti per risultare interessanti, e comprabili.

Proviamo magari ad allungare la coperta: non moltiplicando opportunità che non sempre ci sono, ma affacciandoci a esse con una noncurante interezza.

Senza giudizio è meglio

Quindi: per venderci e farci amare, capita di omettere e mascherare quello che abbiamo di sgradevole e faticoso. Ci mettiamo determinazione perché competiamo tra molti per un bottino micragnoso. Ci piace piacere, e la piacevolezza è essa stessa uno dei bottini. E infine, tendiamo a nascondere sotto un tappeto quello che di noi non ci piace.

Riassunte le premesse e i ragionamenti finora, vediamo cosa fare per muoverci e ragionare con maggiore interezza, senza preoccuparci di piacere agli altri.

Quello che provo a fare io è: imparare a osservare. Smorzo dove è possibile il giudizio nei confronti di quello che di me trovo deprecabile e cerco di capire dove mi porta: in fondo, se anche non mi piace, tutto quello che sono mi ha portato a questo punto della vita, e lo confesso: è un punto dove sto bene.

Avidità, egocentrismo, mediocrità, ipercritica: benvenute in questa interezza.
E ora, facciamo un elenco.

3 cose “spiacevoli” che ho fatto nel 2021

Ecco un elenco di cose che ho fatto, e che potrebbero fare di me una persona poco gradevole, e che invece ho osservato e vi dirò: mi tengo tutto.

  1. Ci sono giorni in cui sono ipercritica nei confronti delle persone, e il mantra che mi recito è: quella persona non lo merita (e io sì, a sto’ punto). Potrei contorcermi e farmi il fegato amaro: a volte succede. In questa occasione mi chiedo due cose: perché sto dedicando così tanto tempo a una persona che nemmeno fa parte della mia vita? E: c’è qualcosa che posso fare per regolare la temperatura emotiva a mio favore? Torno su di me, sul sintomo e lavoro su di esso: oggi lo riconosco come campanello d’allarme per uno stress che arriva da altri luoghi, e mi è molto utile osservarlo.
  2. Come content creator, mi rode la milza quando vedo alcune campagne in cui non vengo coinvolta perché sono un’effettiva utilizzatrice di quei prodotti: penso ai carrelli Gimi, ai materassi e letti Dorelan, al caffè Costadoro. Quest’anno ho messo da parte la FOMO e pure la sindrome dell’impostore e ho cercato il confronto con alcune agenzie: mi è stato molto utile per pacificarmi e capire che alcuni criteri di ingaggio non riguardano sempre la qualità dei contenuti. E che in genere, le relazioni sono fatte di due persone: se alzo la mano e chiedo di venire ascoltata, posso ben dirci di averci provato, e a volte è l’unica cosa che conta.
  3. Faccio i conti in tasca alle persone quando comprano una casa: come possono permettersi quello che io non posso? Spesso evidenzia il concetto di privilegio, ma quest’anno ho provato a chiedermi: cosa è la casa per me? Quale tappa sarebbe all’interno della mia vita? Cosa ho raggiunto e cosa ho, al posto della casa? È una domanda preziosa anche nei confronti di come pormi all’esterno, perché mi conferma quanto sia nutriente guardare e mostrare il percorso in ogni cosa che ottengo.

Insomma: finché non bilanciamo tutto quello che siamo all’interno di uno spazio neutro e accogliente, sarà complicato crescere e confrontarsi con chi siamo, e di conseguenza con gli altri. Saremo sempre lì a lottare per un tozzo di pane che magari nemmeno vogliamo, ma che ci sembra assolutamente desiderabile perché guardiamo più fuori che dentro: ansimiamo a lavoro, a cena, con la famiglia, ma ecco: siamo sicuri che sia l’unico desiderio possibile? E se ci sentiamo stretti, perché non provare a spostarci?

Buon anno intero

Spero che questo discorso sia risultato comprensibile: so che qualcosa risuonerà, anche se non il ragionamento non fila liscio per tutti. Se vi va, in questo momento, prendete una cosa che di voi non vi piace e provate a osservarla snodandola un po’, e senza giudizio: basta anche questo, alla fine di queste chiacchiere.

Per me il 2022 sarà un anno di scrittura: un nuovo podcast, una nuova newsletter. Si spera, nuovi reading. E nuovi corsi, e nuove consulenze. E viaggi, e baci, e amiche. Non ho nessun desiderio se non quello di smettere di remarmi contro, e di fare le cose al meglio. Ah, sì: riposare di più.

Che sia un anno di gioia a modo vostro, un anno di coperte lunghe, un anno di confronto costruttivo con voi stesse, un anno largo: che sia un anno pieno, e intero.

Cosa mi auguravo gli anni scorsi?

[Photo by Annie Spratt on Unsplash]

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