Nel 2015 chiudevo l’anno augurando consapevolezza e disincanto, quest’anno lo dedico a due cose che ho imparato: sono cose che ruotano intorno al lavoro – pare che questa ossessione per cosa stiamo facendo da grandi non accenni a disperdersi – e in genere a quella valutazione delle priorità con cui a 36 anni comincio a sentirmi un po’ meno a disagio.
Fare, e non parlare
Il lavoro da dipendente necessita di un lavoro meno costante di personal branding verso l’esterno: non sei tu a doverti trovare i clienti, e comunque all’inizio sei talmente attorcigliato dalle cose nuove da imparare che non hai il tempo di comunicare quello che stai facendo. Quando ho accettato di passare da freelance a Explora uno dei miei obiettivi era quello di lavorare in un settore nuovo e raccontare man mano progetti e occupazioni con lo scopo di affermare la mia reputazione nel turismo per quando sarei andata via da qui. Non ho avuto tempo, e non mi è dispiaciuto questa nuova condizione: quella di fare, fare, fare nelle retrovie, di imparare e studiare, di praticare e agire, senza indulgere nella ricerca di tempo e condivisione di paure e futuro con gli altri.
Tutto il culo che mi sono fatta per stare in questa nuova situazione, e cambiarla mi ha aiutato a darmi più pacche sulle spalle di quante me ne sia data gli scorsi anni: l’essere stata riservata su vita privata e lavorativa mi ha aiutato di più che condividere la stanchezza, i timori, le speranze in pubblico.
Ascoltarsi, come riesci
Quest’anno sono stata operata 1 volta, ho avuto la febbre, la faringite, l’emicrania, sono ingrassata di un po’ di chili, per 6 mesi ho dormito 3-4 ore a notte: il bilancio non sarebbe nulla di più grave di un anno di una qualsiasi 36enne, se non fosse che prima di tutti questi intoppi ho ignorato bellamente i vari sintomi. Ascoltare il mio corpo è una pratica che mi riesce malissimo, allora ho cominciato a isolare i fatti obiettivi uno alla volta e a porre rimedio aiutandomi con la memoria e con la testa, un po’ come imparare una nuova lingua partendo dalla recitazione e non dalla pronuncia: è una soluzione che sto ancora testando, un po’ funziona. Se penso a come non esaurirmi, cerco di prevenire.
Insomma, nel 2016 ho scoperto che si vive molto meglio mettendo il proprio io virtuale e quello tentennante un po’ in disparte: che il 2017 sia un anno di identità progettate e curate secondo i vostri bisogni intimi, anche brutali. Un passo in silenzio verso di voi vale 1 milione di chiacchiere verso l’esterno, ed è anche vero che di 1 milione di post inutili non ce ne importa più nulla.
Auguri per una reale fighezza interiore, siate bravi, siate consapevoli, siate il meglio che potete.