Ora, novembre 2019

Due giorni fa ho riscritto l’about page del mio sito: ci ho messo dentro Travel With Gusto, Lingua e la mia attività di content creator su Instagram. Ho anche usato l’aggettivo multipotenziale.

Quando l’ho fatto mi sono chiesta: come si fa a raccontare quello che fai senza confondere gli altri?
E anche: quanto è vero che se diamo spazio a chi siamo, riusciamo a essere più effettivi in quello che facciamo?

Non è una transizione

In altri periodi della mia vita ho vissuto, e raccontato, momenti di transizione professionale e personale: da Milano a Torino, dall’azienda alla libera professione, dal blog di cucina al sito professionale.
Ci sono stati momenti in cui l’ho fatto senza una bussola, perché guardavo solo a un’idea di futuro:

Vorrei diventare quella persona lì

mi dicevo.

Vorrei sapere le cose che sanno gli altri. Vorrei parlare a quel convegno, vorrei quei clienti.

E nel farlo, mi basavo sulle cose che avrei dovuto imparare.

Nel mentre, ho investito le ore libere e i weekend a pensare e realizzare i miei progetti: gli eventi, i libri, una casa editrice, un podcast, le foto e le stories su Instagram.

Questo dualismo, questo continuo contaminarsi tra una posizione e un’altra, di cosa ci parla?
Vi riconoscete? È il sintomo di una generazione irrequieta? Di un lavoro intellettuale e creativo che non sa sfamare? O è un bilanciamento che cerchiamo per dare struttura a delle competenze che sono multisfaccettate?

In ogni caso: ora, novembre 2019, non la chiamo più transizione. Mi piace tutto quello che faccio, non vorrei mollare nulla.

Non ci sono altre persone che vorrei diventare: mi vado bene.
Un bisogno c’è: capire cosa del mio lavoro migliora la mia vita, e concentrarmi su quello.

Il bilancio del 2019

Quest’anno ho guadagnato circa 9000€ in meno dell’anno scorso, ma, come dice la mia commercialista, non lamentiamoci: il 2018 è stato un anno molto buono per il mio reddito, e quest’anno ho faticato di più ma tenendo un’attività comunque redditizia. Regime ordinario, un botto di tasse, tutte pagate, e ho fatto pure vacanza.

In questo momento lavoro con due grandi aziende come consulente di content marketing: formo le risorse e realizzo il piano editoriale per i loro contenuti online.
Altre cose fatte quest’anno: scritto tanto, per dei clienti (pubblicizzato: zero, brava Mc), collaborato con delle aziende sul mio canale Instagram, e formazione per la Camera di Commercio di Torino.

Nel frattempo con TravelWithGusto abbiamo lanciato il sito in lingua inglese, pubblicato 8 guide in italiano, 3 in inglese, e pubblicato circa 40 post sul blog.

In ultimo c’è Lingua, il podcast di Storytel uscito da meno di una settimana e su cui sto avendo riscontri meravigliosi.

Ecco, io proprio non mi lamenterei, e nemmeno direi: eh, potevo fare di più.

Come sarà il 2020

Nel 2020 compirò 40 anni, e sto già organizzando un weekend insieme alle mie amiche, in una città che amo moltissimo: non voglio regali, voglio tempo.
Non so se o dove andrò in vacanza, ma intanto ho prenotato un biglietto per Roma e ho avvisato le persone a cui voglio bene: non voglio monumenti, voglio tavolini pieni di mani e maritozzi.

E il lavoro, cosa sarà?
Continuerò a fare la consulente? Farò un altro podcast? Scriverò un romanzo? Instagram chiuderà e ci lascerà tutti a bocca asciutta? Avrò gli stessi clienti di quest’anno o cambieranno? Cambierò casa? Mi innamorerò? Continuerò a tingermi i capelli?

Sono tutte domande che ora, novembre 2019, sono sullo stesso piano, perché ci proietto sopra solo la curiosità.
Dicono che a diventare grandi, o canuti, si acquisisca durezza, disincanto, cinismo: io mi porto, per ora, una leggerezza cosmica ancora più farfallina dei miei 20 anni.

Forse perché la consapevolezza è elastica, forse perché gli anni che si sovrappongono espandono il tempo in larghezza, e ci avvicinano a mondi che anni fa nemmeno immaginavamo.

Gli effetti delle domande giuste

Ho smesso di chiedermi come dovrei essere.
Ho smesso di chiedermi perché non ho un compagno.
Ho smesso di chiedermi se sono brava in quello che faccio.

Ho cominciato a farmi altre domande:

  • Cosa mi ha portato fin qui che può portarmi più lontano?
  • Cosa di buono c’è che ancora devo tirare fuori?
  • Ho delle cose da dire: come posso dirle perché gli altri le ascoltino?
  • Cosa posso fare di interessante per trovare stimoli, e idee?

Queste domande arrivano insieme a un modo diverso di lavorare, più ostinato, meno indolente: più tagliato su di me, più soddisfacente per i miei clienti, e progetti.

Mi sembra di dire sempre le stesse cose, come dice Domitilla Ferrari, e forse è vero: questo blog è un lungo racconto di come, anche senza direzione, le cose si incontrano. Di come più passa il tempo, più imparo a dirmi brava. Di quanto più mi allontano dal passato, più lo perdono. Di quanto più mi espongo, più quello che mi ha reso vulnerabile smette di ferirmi.

Quello che mi sembra sia cambiato è il peso che do alla mia rappresentazione, all’idea che vorrei gli altri avessero di me: se rimane la volontà di far arrivare un certo tipo di messaggio, è molto più forte il desiderio di comunicare chi sono, e perché ho scelto certi tipi di lavori, clienti, canali.

Non sarò mai la persona che sui propri canali parlerà solo di lavoro, e scriverà solo per i suoi clienti: sono contenta di essere una professionista multipotenziale, di essere empatica, di smuovere scelte, e sensazioni.
Questa posizione, anche se non sempre è stata una scelta consapevole, mi ha portato a fare guide, su un palco, dietro un microfono, davanti a una telecamera: e, fanciulli, mi sento molto fortunata ad aver fatto tutto questo.

Non so cosa dirvi se non: evviva, che liberazione.

[Photo by Jiroe on Unsplash]

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Ci sono 2 commenti

  1. Posso dire che questo post è molto liberatorio per chi lo legge?
    A me comunque la tua ‘about page’ pare molto coerente.
    In bocca al lupo,
    Carlotta

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