Frittata di spaghetti, andata e ritorno

Poco più di dieci giorni fa sono tornata a casa dei miei per questioni familiari: il giorno prima ero a Palermo a mangiare Iris, arancini e sarde, il giorno dopo ero su un treno con un pranzo a sacco.
Ho cucinato una frittata di spaghetti da portarmi sul treno: ho comprato delle uova, e il resto sono cose che abbiamo sempre in casa. Del parmigiano, degli spaghetti, l’olio.
È una frittata con la quale sono cresciuta, uno dei pochi piatti che ho scelto di non far evolvere aggiungendo complessità come ho fatto col resto della mia cucina. Anzi: se potessi andrei a recuperare le vecchie padelle di mia madre per farla attaccare un po’.

Come preparo la frittata di spaghetti

Quando la preparo, mi piace usare una padella un po’ altina e non ampia: 18-20 cm per una monoporzione, direi.
3 uova, 100g di spaghetti circa, il resto a sentimento: prima faccio bollire la pasta, e notate: questo è uno dei pochi casi in cui rispetto i tempi di cottura. Non mi serve al dente, quindi non sottraggo i soliti 2 minuti: mi serve giusta.
La scolo, e do una veloce passata sotto l’acqua fredda: fermo la cottura e insieme abbasso la temperatura, in modo che quando la unisco alle uova non cominci già a cuocersi. Nel frattempo, a parte, sbatto le uova, aggiungo il parmigiano, il sale, il pepe e se mi va, del prezzemolo. A questo punto unisco gli spaghetti cotti, e mescolo. Faccio riscaldare una padella, la ungo di olio, e verso l’impasto.
Come tutte le frittate, la faccio cuocere a temperatura bassa con un coperchio: prima da un lato e poi, quando anche il sopra è rappreso, la rovescio e cuocio l’altra parte.
Il segreto per un’ottima frittata di spaghetti e quella di far cuocere con fuoco un po’ più alto entrambi lati: in questo modo avrete la classica crosticina. Usate una padella non troppo larga e lasciate che la frittata rimanga altina: l’interno dovrebbe essere umido e morbido e il fuori croccante.

La frittata democratica

La frittata di spaghetti era il must di ogni gita scolastica, e di diverse uscite – tranne quando si andava a mare, dove mangiavamo il pane con pomodori e il pane era intriso di sale, olio, origano, ammosciato dal caldo eppure buonissimo.
Per ogni gita mia madre preparava la frittata di spaghetti: alta, umida, spessa e croccante. L’avvolgeva nell’alluminio e ognuno di noi – mia sorella, gli amichetti di famiglia – aveva la sua fetta. Una fetta che ci bastava, perché proveniva da un’ampia, grande e soddisfacente frittata di spaghetti. Tante uova, tanta pasta, tanto parmigiano: altro che monoporzione.

Era una frittata democratica, perché trasversale: la mangiavo io che ero di una famiglia medio borghese, la mangiava quella che veniva da una famiglia più altolocata e la mangiava il ragazzino che veniva da una famiglia con difficoltà più economiche.
Alla fine, uova e spaghetti li avevamo tutti.

3 ricordi di 3 frittate

  • 1991, in gita scolastica

Alla scuole medie si facevano delle gite in giornata: andavamo a visitare luoghi vicini di solito dedicati a un tempo passato, a un santo morto. Di quella gita ricordo il caldo dell’autobus e l’attesa nel parcheggio di fronte l’ingresso: come si fa tra bambini, ci spiavamo a vicenda e curiosiavamo all’esterno. “Cosa hai per merenda?” era l’unica domanda legittima che ci veniva in mente a quell’età, e così ecco di nuovo la frittata di spaghetti, insieme al panino con la cotoletta.
Il tratto comune delle merende per bambini, credo, è un piatto che sia materico, e possibilmente fritto.

Di quell’attesa ricordo lo sguardo indagatorio nei confronti degli involucri di alluminio e un paio di baracchini che vendevano figurine e gadget, la maggior parte a tema Beautiful. Ed ecco che prima che le nostre dita si ungessero di carne e di uova, le usammo per sfiorare Ridge, Brooke e Stephanie: eravamo tutti fanatici della serie.
Eccolo lì: il fermo immagine degli anni Novanta, con la frittata di spaghetti e le figurine di Beautiful.

  • 1999, prima di un viaggio per Firenze

La prima volta che da adulta ho provato a cucinare la frittata di spaghetti è stato durante il primo anno di università: era il 1999 e vivevo a Napoli, studiavo Lingue e letterature straniere. Insieme a una coinquilina, figlia di un’amica di mia madre, decidemmo di fare una gita a Firenze. La sera prima eravamo a casa sua, con mia madre e la sua amica: eravamo io, mia sorella, la mia coinquilina Alessandra e il suo fidanzato di allora, Mimmo. Provammo a preparare la frittata di spaghetti ed eravamo sicuri di farcela: vivevamo da soli, eravamo autonomi. Ma qualcosa non funzionò: non sapevamo a che punto aggiungere gli spaghetti, quante uova mettere.
Intervenne mia madre, che in pochi gesti preparò la sua frittata di spaghetti: alta, umida, spessa e croccante. Pensavamo che per cucinare quel piatto servissero competenze, ma ci voleva solo esperienza, e a 20 anni eravamo carenti.

  • 2002, durante una manifestazione a Roma

Nel 2000 mi sono trasferita a Bologna, dove ero una studentessa attiva: manifestazioni, cortei, occupazioni. Nel 2002 andai a  Roma con un treno notturno: lo occupammo, o almeno non pagammo il biglietto. Avevo uno zaino con una camicia, una bottiglia di acqua, uno spazzolino, 8 panini e 2 frittate di spaghetti: i panini erano ripieni di frittata con i würstel, mentre la frittata era a fette e avvolta nell’alluminio.
Non avevo un’idea della durata del viaggio, della fame, di quello che mi aspettava: vi racconto la fine, però.

Alla fine della giornata della manifestazione, trascorsa a urlare, cantare, e mangiare, mi sono ritrovata seduta su un punto alto della città: davanti a me, Roma al tramonto. Dietro di me, uno zaino pieno di panini che giustamente non avevo terminato.
Decisi di regalarli: “Qualcuno vuole un panino con una frittata con dei würstel o un pezzo di frittata di spaghetti?”, chiesi. Tutti presero la frittata, nessuno il panino: i würstel sono di destra, credo. Gli spaghetti sono di sinistra, quindi tutti mangiarono la frittata col sorriso.

Andata e ritorno

Quando sono scesa giù 10 giorni fa, e quando sono poi tornata su a Torino, non ci ho pensato più di cinque secondi a cosa volessi per il pranzo a sacco: una frittata di spaghetti. Certo: è comoda, non servono grandi contenitori, combina proteine e carboidrati.
Ma più di tutto: quello è il cibo con cui mia madre mi ha accudito per un pezzo di vita. Poi, con cui mi ha accompagnata verso una mia autonomia. E ora, che io sono autonoma e lei lo è di meno, so preparare la sua frittata come la preparava lei, e forse questo è tutto quello che so sul diventare adult3.

[Photo by Melani Sosa on Unsplash]

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