#Ristokit 3 – I social media

Terza puntata di #RistoKit: oggi parliamo di Social Media, così familiari e così spesso utilizzati male e in modo poco strategico. Quali sono i social network che un ristoratore deve utilizzare per il suo locale? Quali sono i contenuti più interessanti e quali gli errori da evitare?

Risponde Paolo Lottero, entrepreneur, ICT companies founder e CEO, digital strategist.
Ha creato Strutturafine – Good Food Conversation [strategie, progetti e comunicazione solo #digitali e solo #food].  È professore per il Master di Marketing Territoriale IED Firenze.

di Paolo Lottero

È veramente così importante per un ristoratore essere online, e sui social network in particolare?

Gestire un ristorante è già un bell’impegno; gestirlo bene in una fase complicata del mercato anche di più. E il tempo, come il denaro, è una risorsa scarsa. La mia personale risposta è: sì – bisogna trovarlo, il tempo.
C’è TripAdvisor, e Yelp, Foursquare; e tutti sono più o meno integrati con Facebook e Twitter. Sta diventando normale che il cliente del ristorante comunichi – online E via social – che cosa pensa dell’esperienza che ha appena vissuto. Star fuori da tutte le conversazioni online, restare col proprio sito e nulla più, non è una politica saggia: nel bene e nel male, si sente la voce di chiunque meno quella dell’interessato.

Quali secondo te sono i social network da cui un ristorante non può prescindere?

Quelli davvero importanti secondo me sono 4: Facebook, Foursquare, Instagram, Twitter.
In questo ordine.
Facebook | come non esserci? È il punto di convergenza di tutti i social più specifici, che spesso sono soprattutto dei complementi. È il social nazionalpopolare, la RAI1 del web dove tutti ci ritroviamo, un mondo. E sicuramente su FB ci sono i clienti attuali e potenziali del ristorante, anche se insieme ad alcuni altri milioni di utenti fuori segmento per età, geografia, abitudini. È bene, però, esserci bene.

Facebook, che sembra così facile da usare ma non lo è.

L’errore #1 per un ristorante [per tutte le piccole imprese in realtà] è: aprire un profilo personale come azienda, sviluppare le “amicizie” di FB, usare il profilo per scrivere dei propri piatti, di quello che succede in sala, delle nuove iniziative e usare la funzione Eventi per mitragliare tutti gli “amici”. E, un bel giorno, scoprire che l’utenza semplicemente su Facebook non c’è più. È stata cancellata da FB stessa, che non vuole che le attività commerciali utilizzino profili personali [quelli dove si diventa “amici”]: vuole che aprano Pagine Pubbliche [quelle dove si mette il “mi piace”].

Oltre Facebook c’è di più.

Si prosegue con Foursquare | sappiamo che i numeri non sono impressionanti, ma resta lo strumento più evoluto per il marketing geolocalizzato.
Al contrario di FB, le sue caratteristiche intrinseche porta al contatto con clienti fidelizzati e potenziali clienti reali. Il WOM [il passaparola] su FQ non è potente come su FB, ma l’integrazione  dei due è efficace. E permette di proporre –‐ con grande facilità –‐ offerte e promozioni mirate.

Instagram | è diventato il social fotografico per eccellenza, l’acquisizione da parte di FB ha rapidamente aumentato la base di utenza, l’integrazione con Foursquare ne fa un ibrido interessante: a patto di fare buone foto.  Per il food è importante.

Twitter | Per ultimo, non perché valga meno. A mio avviso, lo sviluppo di una buona strategia di social media marketing su Twitter è più difficile, anche se in termini qualitativi – per tipologia di utenza potenziale e authority – ha forte valore. Twitter sale di rilevanza per un esercizio i cui clienti attuali o potenziali sono dei twittatori: parrebbe una tautologia ma non lo è.  Come dire:  una certa categoria di locali, caratterizzata da un’offerta che potremmo definire molto “urban”, fa bene a calarsi nella tipicità di utilizzo di Twitter e ad usarlo intensivamente: una trattoria media di provincia probabilmente no.

Quali sono i contenuti più interessanti da condividere?

Intrinsecamente fotografici, il cibo è una delle cose che si  presta meglio: e la capacità di “engaging”, cioè di coinvolgere le persone e ottenere la loro attenzione [che possiamo rilevare grazie a un “mi piace”, un “condividi”] delle immagini è 2 volte e mezzo quella di un semplice testo.
Foto e Video, quindi, sia per i piatti in sé che per la veicolazione di quella che potrebbe essere l’esperienza attesa per il cliente. Foto che rappresentino momenti veri, colti nel loro fluire spontaneo: il contrario delle foto di sala che normalmente un ristorante mette nella gallery del suo sito. Ma se il ristoratore ne ha voglia e ne è capace, ancora meglio se apre un dialogo sul cibo, il suo ma non solo, sulla sua cucina, le persone che lavorano con lui, le ricette, le idee, le prove e anche gli errori.

Quali gli errori più comuni, quindi?

Il primo – secondo me – è farsi gestire la presenza social da terzi. All’inizio è improbabile e inopportuno essere autarchici, ma presto o tardi il ristoratore [come qualsiasi cliente, ma sono un po’ radicale su questo tema] fa bene a prendere in mano la sua comunicazione quotidiana, mantenendo un rapporto aperto con un buon consulente per cogestire strategie, azioni evolutive di un certo impegno e possibili crisi.

In ogni caso, l’errore più comune è l’egotismo autoreferenziale – ma non è certamente una prerogativa dei ristoratori. Per intenderci, interpretare i social network come un palcoscenico per sé stessi e le proprie realizzazioni, postare foto di piatti [anche molto ben realizzati] solo per e con l’aspettativa di mietere applausi, like e commenti estatici. Questo stile di content marketing – perché è di questo che comunque stiamo parlando: produrre e distribuire online “contenuti” [in vari formati: testi, foto, video, link] per uno scopo commerciale –‐ certamente appaga l’Ego; ma che produca effetti reali sulla bottom line del conto economico è quantomeno improbabile.

Ora tutti a trasformare il profilo personale del vostro ristorante in una pagina!
A domani, dove si parlerà di reputazione :-)

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