Cosa succede se da qualche mese hai voglia di cambiare lavoro?
Da due anni e mezzo lavoro da libera professionista, curando le Digital Pr nel settore food per aziende e agenzie. Ho fatto anche: la project manager, consulenza di email e content marketing, la docente.
Una somma di esperienze che nel lavoro da freelance sono una somma di sensazioni, aspirazioni, consapevolezza: trovare un lavoro che sia nelle proprie corde, studiare per migliorarsi, imparare a venderlo, realizzare se permetta o meno di viverci.
Perché si desidera cambiare lavoro?
E: perché cambiare (lavoro) è così ostico?
Le persone che si dichiarano sempre felici del proprio lavoro seminano perplessità: amano tutti i loro clienti, i colleghi, vedono incessanti opportunità karmiche intorno a loro.
Può essere una sentita verità, o è assuefazione a una pratica di personal branding che esclude il confronto critico, e con questo la possibilità di cambiare. Ci sono quelli che il personal branding lo ignorano: si lamentano del lavoro, dei vicini, di Facebook, dei social che fanno male e pure dell’abbronzatura che va via.
C’è grossa crisi e c’è tanta saturazione: di autocritica e cuoricini, di celebrazioni e di celebrazioni della sconfitta, di livore e di noia.
Col tempo, con la vecchiaia, si comincia (qualcuno comincia) a cercare sempre meno conferme di sé dall’esterno: tante persone come me sono cresciute con un’approvazione quasi incondizionata da parte di professori, familiari, amici, diversi colleghi. Io scrivevo bene, mi impegnavo, ero veloce, generosa, di bell’aspetto, creativa, aiutavo gli altri con i compiti, traducevo il latino divertendomi, lasciavo increduli i maestri leggendo velocissimamente, sapevo tradurre i Queen quando i miei compagni di scuola stringevano la mano a Carol.
Cuoricini ante litteram, se volessimo dirlo meglio.
Delle volte tutto questo può bastare, altre volte occorre darsi una spinta da soli, e potrà capitare che questo sia vissuto come un dramma.
Essere protetti, farsi accudire, scegliere di non poggiare il culo sugli aculei di un riccio, procedere per inerzia, venire sostentati dalle parole di chi vota per te e fa il tifo per sé.
Discende che.
Procedi così: dai alle diverse origini della stima il giusto peso, bilanciandolo con il tuo grado più veritiero di soddisfazione, più intimo, meno mediato. Prova a farti passare i capricci e le smanie di essere stellinato. A stimare tanto, e conversare, con chi parla delle scelte complicate con lo spirito prosaico di quando va in bagno. Usa sovente metafore relative ai rumori e agli odori umani.
Questo è il primo passo per capire quale talento vorrai coltivare o, se lo stai già coltivando, con quanta lungimiranza lo stai facendo.
Ti piace? Ti basta? Ti sostiene?
Perché cambiare lavoro è così necessario? Alcune risposte sono salde, spillate al business plan, altre appoggiano la guancia su fattori emotivi, altre, magia, non ci sono.
Si può cambiare per questioni di mercato, nel mio caso chiedendomi: quante aziende food&beverage hanno bisogno delle Digital Pr e quante di una consulenza strategica più ampia? A che punto dell’investimento in comunicazione le aziende arrivano alle Pr? Quanto reggerà ancora il mercato dei progetti di Pr e di cosa c’è più bisogno?
Magari vorrai cambiare per soldi, per guadagnare molto di più ora che hai scoperto che vivere nella norma non ti basta: vorrai poter viaggiare di più, acquistare piatti più belli, goderti dei lussi, avere meno affanni. Vorresti essere avido, e avere i motivi per farlo. Vorresti essere sereno, e realizzare che la serenità parte dal potersela comprare. Vorrai smettere di sentirti incapace se ogni sei mesi ti trovi in crisi per un imprevisto, e schiacciare sotto le scarpe tutti i dubbi, e non avere dubbi che potrai comprare nuove scarpe per schiacciarli con più forza.
Vorrai cambiare perché stai cambiando tu: potrai non avere voglia di stare in prima linea, ambire a un lavoro che sia più facile fare da remoto. Potresti volere il tempo di leggere, scrivere e studiare molto di più. Per me, è diventata più forte la necessità di concentrarmi, non ho molta voglia di disperdere, forse sono anche meno tollerante nel mediare con un’umanità così vasta.
Potresti cambiare senza afferrare che lo stai facendo, soprattutto se sei la persona che fa le cose “per passione”: quando ti sei innamorata l’ultima volta di ciò che stavi facendo? Sai di cosa innamorarti di nuovo?
La vera rivelazione, la prima liberazione.
Svegliarsi dopo una pennichella col cuscino bagnato di saliva, sedersi sul seggiolino del regionale tra un vagone e l’altro e guardare le periferie da un finestrino sporco, guardare serie tv con attori cani e non riuscire a cambiare canale, mangiare le polpette dell’Ikea: c’è una quotidianità così ordinaria che rifiuti di inserirla nel conto ore della giornata.
Se solo smettessi di considerare il cambiamento come un evento straordinario, benedetto da un raggio laser e da colonne sonore memorabili.
Il cambiamento, lo capirai poi, è una cosa pratica: si fa agendo, giorno dopo giorno, e poi si tirano le somme dopo un accumulo di fatti.
Il tuo più grande cambiamento potrà avvenire su una funicolare leggendo il cartello “Vietato sputare”, e non ci sarà bisogno di peonie per ricordarti che quello è stato un giorno speciale. Ci raccontiamo come parte di una storia eroica, ma se lo facciamo è perché ci aggrappiamo a un finale: la vera visione sta nel lasciar andare gli epiloghi, e nel tracciare la trama con obiettivi realistici.
Non essere impaziente di capire tutto, non forzare il destino dando al cambiamento una dimensione più consistente di quella che ha, soprattutto all’inizio quando è un piccolo segno di punteggiatura, un tentennamento dei piedi, un tremore come di acqua nell’olio bollente.
A certe scelte ci agganci un futuro, attraccandoci un peso così illogico da renderle incapaci di andare avanti, o almeno di provarci.
Cambiare lavoro è paralizzante
Lo è se ritieni che cambiare significhi già trovarsi alla meta, annullando il processo e il tempo necessari per cambiare, senza dare chances agli imprevisti, alle dolci deviazioni, ai bruschi inganni. Ci impegniamo sempre parecchio a fare scelte deterministiche, perché è così rassicurante toccare a cosa stiamo andando incontro, sospendendo il presente, e anche un po’ la fatica.
Potrai avere ancora dubbi: ampliare o approfondire? Specializzarsi o cambiare settore? Leggere quel libro o seguire quel corso? E spegnere definitivamente la spinta al cambiamento se non prenderai una decisione. Anche una qualsiasi.