La dispensa di chi finisce l’amore

In uno dei due episodi di Hong Kong Express, il film di Wong Kar Wai uscito nel 1994, l’agente 223 acquista unicamente scatolette di ananas che scadono il 1º maggio: quando una sera, all’interno di un supermercato, trova solo barattoli che scadono mesi dopo, si chiede

Chissà se al mondo esiste qualcosa che non scade.

L’agente 223 è innamorato di Ah Mei, che però lo ha lasciato all’improvviso.
Quello che succede al protagonista del film accade a numerose persone anche nella vita reale.

Quando finisce l’amore, cambia il rapporto con il cibo

Uomini, donne: incontrarsi e innamorarsi, condividere e progettare. Fermarsi, apparecchiare, accogliere. Stringersi, passarsi il pepe. Prendere lo stesso treno, scendere alla medesima fermata, avere gusti sempre più omogenei.
Quasi non ti rendi conto di quanto ti mancheranno i gesti più sbadati quando verrà meno la prospettiva del futuro insieme. Quanto i gesti più intimi si nascondono nei frammenti ordinari, restii a essere verbalizzati quando si tratta di razionalizzare cosa ti manca di lui, e di lei.

Ti rimangono attaccate espressioni verbali di fronte allo scaffale della pasta fresca, mani che raccoglievano le buste della spesa mentre cercavi parcheggio, le patatine sul divano, il lato del letto, lo shampoo, la libreria dove avevano trovato Cosmo di Gombrowicz con quella copertina celeste, i preferiti di Mozilla, le istruzioni per scaricare i torrent, le password dei vecchi account yahoo.
Non ricordi bene quando l’amore è diventato più piccolo, i baci a Ravenna o a Copenaghen, i regali di Natale, gli abbracci di dolore, cosa avreste fatto il prossimo anno. Non ricordi i progetti, smetti un po’ di osservare il futuro.

La riappropriazione.

Lo spazio, pensi.
La prima cosa di cui mi devo riappropriare è lo spazio.
Come i gatti che fanno pipì per reclamare il possesso del territorio, così sposti oggetti, e anche se a fatica vai nei posti dove avete dormito e mangiato insieme, da solo o con altri, per rimodellare gli automatismi del cervello.
Ora è mio”, annaspi col cuore spappolato.
Ci vuole ostinazione a procedere mentre la sofferenza ti richiede in ginocchio, ma si fa. Cambi biglietti, percorri vie a testa alta, smonti piani a due e trovi un te solo, giorno dopo giorno più integro. Metti i ricordi fisici nelle scatole, ripulisci il tuo profilo Instagram, nascondi la relazione su Facebook.

Poi, però, ti fregano i ravanelli

G. lavorava in un ristorante vegetariano, aperto solo di sera: usciva verso le 16 di casa, rientrava alle 2 di notte. I clienti del ristorante erano famiglie con bambini senza occhiaie e coppie in cui lei aveva immancabili capelli lunghi. Il ragazzo spesso aveva brutte scarpe, forse non conosceva nessuno che gli potesse dare un consiglio.

Tornava a casa in auto, faceva piano quando entrava, e il mattino dopo si stupiva quando trovava la vaschetta dell’insalata russa vuota, segno che T. aveva fatto colazione con quella. Ogni tanto avrebbe voluto mangiarla lui a pranzo, prima del turno, ma in fondo non riusciva a non trovare divertente questo lato di lei. T. mangiava caffè e Pan di Stelle prima di innamorarsi di G., alle 11 faceva uno spuntino con delle nocciole, a pranzo mangiava pasta, a cena ancora pasta, o riso. Aveva i capelli corti, le unghie con lo smalto rosso, cercava le ricette su GialloZafferano e chiamava sua madre due volte alla settimana. Non amava rispondere al telefono.
Quando lo lasciò, G. saltò la cena per 5 mesi. T. cominciò a mangiare pane e marmellata al mattino. Nessuna vaschetta è stata maltrattata per questa storia.

L’attaccamento del prezzemolo

Nel movimento perpetuo di un io che si difende contro la memoria e lo sgretolamento, quando l’amore finisce sono i pasti quotidiani che abbrancano tutte le tue debolezze: l’insalata di farro con i fagiolini al dente imparata da Aimo e Nadia, come potrai rifarla? La scatola di pelati di Gennaro Esposito che aveva preso per fotografarla, lì dietro i ceci. Il barattolo giallo con i semi di zucca a chiusura ermetica per non farli attaccare dalle farfalline.
Il sale delle Hawaii, ancora intonso come tutti i sali delle Hawaii di tutte le case del mondo tranne che alle Hawaii.
Lasci il suo lato dell’armadio intatto ma getti via l’ultima spesa che avevate fatto insieme. Brucia di più il ricordo di un salmone che la maglietta con cui ha chiesto di sposarti (ma davvero, chi la ricorda?). Per un mese, ogni sera cucini la zuppa di carote e latte di cocco, quella che ti ha insegnato lei.
C’è chi salterà il pranzo per un lungo periodo, andando in palestra: un giorno, correndo sul tapis roulant, si accorgerà che in fondo non la amava nemmeno lui, e tornando a casa farà una spesa epica.
F. ha continuato a cucinare per due persone per settimane, nonostante avesse una bilancia di precisione: aveva la fame rotta.

La dispensa, la memoria, e il cuore

Quando traslochi, fai fatica a trovare gli interruttori. Se cambi taglio di capelli, gli elastici grandi non raccolgono come prima. A cena con una nuova ragazza, tratterrai il fiato finché non ordinerà un antipasto diverso dalla cipolla caramellata.
Fai grandi falcate, e poi a metterti lo sgambetto saranno i tortelli ripieni di prosciutto, comprati così spesso insieme. La memoria si plasma su nuove viste, il diario cambia grafia, ma quella dispensa sta lì a ricordarti di tutte le volte che avevate fame, e che avete discusso di cosa mangiare.
Dialoghi innocui ma consistenti nell’accumularsi di giorni e di pasti, e quando dovrai ricostituirti la scelta più ovvia sarà privarsi di quella che era l’esperienza più quotidiana di tutte: mangiare, insieme.
Quando dovrai cambiare, partirai dalle marche della pasta, dai barattoli di legumi, dal colore dei piatti.
Cosa mangerà il tuo prossimo amore? Odorerà di parmigiana di melanzane? Sarà vegano? Dove andrà a fare la spesa? Ti comprerà il succo di mela?
Quando cucinerà per la prima volta per te, eccolo: sarà quello il ricordo più forte per molto tempo.

In fondo, anche se non mangiasse le animelle potresti comunque affezionarti un po’.

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C'è Un commento

  1. Bello. Mi ha fatto riflettere che da quando mio marito non c’è più, le orecchiette alle cime di rapa non le ho mai più mangiate. Come le cucinava lui non sono ripetibili, proprio per il ricordo che portano con loro

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