Qualche giorno fa ho chiuso Look at Mi, il mio blog fotografico.
Era un progetto fumoso, piccolo, nato per fotografare Milano, anzi per rendere una personale cartografia di Milano, disegnata da chi come me è migrato qui da altri luoghi.
Poi a un certo punto per i casi della vita e nelle vie di altre città, il blog si è imbastardito e ha subito deviazioni geografiche e sentimentali.
Solo foto e didascalie, qualche categoria (Fellini, Not in Mi Name per le foto fuori Milano, Visions of) e scatti accumulati sotto l’urgenza di una fuga da Milano, e da innamoramenti momentanei verso certi colori o forme.
Nessuna ricerca vera, nessun’immagine coerente dietro.
L’ho quindi chiuso, e vorrei argomentare qui con voi la frase con cui l’ho lapidato: Fotografi portoni perché i portoni vengono bene in foto, ma ti interessa davvero?
Uno dei motivi per cui abbiamo smesso di pubblicare ricette è che odiavo fare foto di cibo: dopo un momento di infatuazione per stoffe e ciotole, sono arrivata al punto di detestare e di innervosirmi all’idea di fare foto di food. Il cibo come soggetto non mi emoziona, e lo stilismo non fa per me.
C’era anche un altro fattore: il MODO di fare le foto. Se fai le foto di cibo, all’inizio le fai come le fanno tutti. O come le vedi dappertutto. Se non sei davvero un’appassionata, o una talentuosa, se non studi, fai solo foto già viste e sfogliate. E se ti piace la fotografia, questo è un po’ frustrante perché non è la tua strada.
Ovviamente il discorso sul MODO vale per tutti gli ambiti: dalle foto di still life, a quelle di interni, dalle inquadrature dei palazzi alle foto di animali. Finché non trovi la tua strada, scattare foto è un gesto pressoché automatico, e anche quando inquadri il ciliegio da riprendere controluce e pensi che stai ritraendo la natura vs l’infinito, amen, è una foto che hai visto il giorno prima sul blog di qualcun altro.
Il rischio è di far montare la paranoia del già visto già sentito, in una sindrome che a priori scarta qualsiasi inquadratura perché l’avrà già pensata qualcun altro: quella l’ho messa da parte, perché fare foto non è il mio lavoro, e se anche sviluppo il mio talento cercando di emulare Cartier-Bresson, sarò felice se anche farò una sola foto come la sua.
Il discorso qui per me è personale: cosa mi piace della fotografia? Cosa cerco quando scatto una foto? Cosa sto tagliando fuori dall’obiettivo? Cosa ci sto facendo entrare? Sono in grado di raccontare una storia per immagini?
In questo momento occorre una riflessione, che per me equivale a posare la macchina fotografica e osservare le foto scattate negli ultimi anni: è il mio modo di mettere le basi per un nuovo progetto fotografico, un po’ più mio :)
E ora la domandona: vi interrogate anche voi in questo modo? O per voi la fotografia è azione leggera e senza pensieri?
Ciao, sarò sincera per rispondere alla tua domanda, del resto perché non dovrei farlo? Quando ho letto il post mi son chiesta perché ti facessi tante storie. Che ti importa se le foto son simili ad altre, se son già trite e ritrite? Non ti fa stare semplicemente bene farle cercando di fare del tuo meglio? Io adoro fotografare il cibo, ci perderei ore nel farlo, ma non mi chiedo se e come lo hanno fatto gli altri. Ammiro le foto degli altri blog (ce ne sono di stupende, invidio le luci, i colori, i ritagli..) ma per me nessuna paranoia del già visto già sentito :-) Il pensiero “è una foto che hai visto il giorno prima sul blog di qualcun altro” può essere vero, ma la mia foto è mia, è unica. Forse stai cercando di ritagliare una storia fotografica tua, un percorso non battuto? qualcosa di nuovo ed esclusivo?, ma la mia è solo una pura interpretazione delle tue parole. Scusa se ho scritto troppo e son curiosa di sapere che ne pensi e i pensieri degli altri. Ti auguro il meglio, in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti. Ciao!