Parto per il Mozambico per due settimane

Quando ho cominciato a scrivere di cibo nel 2006, non avrei immaginato che un giorno mi avrebbe portato in Africa: eppure, eccoci qui.
Tra un paio di settimane partirò per il Mozambico insieme ad Helpcode, una ONG che lavora in diversi paesi del mondo su progetti di educazione, nutrizione, agricoltura, equità di genere, a sostegno di bambini e delle comunità in cui vivono.

Qui vi racconto perché andiamo in Mozambico, cosa farò, e quali sono i miei timori.

Dove andremo, spiegato semplice

Il Mozambico si trova nell’Africa australe: se guardiamo l’Africa, lo vediamo in basso a destra, di fronte al Madagascar, e confinante con la Tanzania, il Malawi, lo Zambia, lo Zimbabwe, il Sudafrica e lo l’eSwatini.
Quando andremo lì ci saranno circa 30°: è estate piena. Si parla il portoghese, come lingua ufficiale, insieme a diverse lingue bantu.

Il Mozambico ha circa 32 milioni di abitanti di cui la metà vive in povertà assoluta: c’entra l’eredità della colonizzazione, l’instabilità macroeconomica, gli effetti del cambiamento climatico.
Oggi l’agricoltura impiega più dell’80% della forza lavoro del Paese, ma è un settore fragile sia per scarse capacità di investimento tecnologico che per i frequenti rischi climatici. A questo proposito, esiste un Indice globale per la gestione dei rischi, che nel 2021 ha classificato il Mozambico come il 10° paese al mondo più esposto a “natural and human hazards”.

Noi staremo a Maputo, per la maggior parte del tempo: è la capitale del Mozambico, ex colonia portoghese che si affaccia sull’Oceano Indiano. Ha poco più di 1.000.000 di abitanti. Il progetto che avrò modo di seguire si svolge nella provincia di Maputo, nei distretti rurali di Magude, Moamba e Manhiça: zone che negli ultimi anni sono state colpite da crisi climatiche, economiche, agricole, sanitarie. Si è quindi ridotto il potenziale di sviluppo sia del territorio che delle famiglie, dedite soprattutto ad attività di tipo agricolo.

Perché andiamo in Mozambico

Helpcode opera in Mozambico dal 1988: il progetto in cui sono coinvolta, che viene realizzato con una rete di partner italiani e mozambicani, ha l’obiettivo di “contribuire al miglioramento della qualità di vita delle famiglie rurali in termini di sicurezza alimentare e di stabilità socio-economica proveniente da attività agricole resilienti e sostenibili”. Lo farà grazie a interventi nel settore agricolo volti a migliorare le opportunità di accesso al mercato per i piccoli produttori membri di associazioni agricole, e attraverso l’aumento della produttività̀ agricola, la diminuzione delle perdite di produzione e il consolidamento delle competenze tecniche dei contadini e delle contadine.

Ci saranno attività molto pratiche legate alla costruzione di infrastrutture per l’irrigazione, altre socio-economiche con corsi e tirocini professionalizzanti in ambito agricolo, specialmente rivolte ai giovani, e interventi di assistenza tecnica in campo – sperimentazione di colture ad alto valore aggiunto, distribuzione di sementi, formazioni per i produttori.
Tutto il progetto su basa su approcci e pratiche gender-transformative, che mirano a modificare le dinamiche di genere discriminatorie che influenzano l’accesso delle donne e degli uomini vulnerabili alle risorse, alle tecnologie e all’informazione.

Cosa farò in Mozambico

Vado in Mozambico come content creator, per raccontare il cibo e la produzione agricola di Maputo e dei suoi distretti: racconterò il lavoro di Helpcode e il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo (AICS), mostrerò gli interventi, mi sposterò tra le associazioni nelle zone di intervento.

Cercherò di ascoltare, di parlare, di assaggiare e scoprire: e poi, di tornare da voi mettendo in ordine quello che ho imparato e visto.
Farò gite al mercato, vedrò come si cucina, mangerò il cibo del posto: cercherò di carpire ricette, ingredienti, sapori. Insieme a questo, vedrò come si contribuisce in maniera attiva allo sviluppo agricolo di un paese, e vedrò terreni, sistemi irrigui, mulini.

Vedrò cosa c’è oggi, e cosa ci sarà tra tre anni: il progetto con Helpcode dura, appunto, tre anni, e sono previsti almeno due viaggi in Mozambico.

Cosa temo, nel mio viaggio in Mozambico

Parto con mille paure, che solo in parte derivano dal fatto di aver viaggiato poco, e abbastanza vicino.

  • La mia più grande paura è quella di non riuscire a cogliere la complessità, e di raccontare quello che conoscerò del Mozambico con gli occhi occidentali del salvatore bianco. Ossia: essere incapace di mettere da parte il mio percorso per osservare, e sminuire senza rendermene conto.
  • Ho paura di inciampare nel pregiudizio e di mescolarlo al racconto: ho letto decine di volte questo breve essay di Binyavanga Wainaina su come scrivere dell’Africa, mi faccio molte domande, ma questo non cancella la cultura in cui sono cresciuta, dove le persone nere sono “di colore” ed è strano che ricoprano posizioni lavorative di qualche prestigio. Ho letto, ho conosciuto, ma ancora temo di non conoscere abbastanza.
  • Ho paura dell’impatto che avrò di fronte all’evidenza della crisi climatica, quella che in estate ci fa desiderare l’aria condizionata, e su cui interveniamo con gesti individuali di dubbia utilità: temo la verità, perché qui non la vediamo fino in fondo.
  • Ho paura del mio intestino, che ceda e non mi permetta di assaggiare tutti i 15 tipi di mango che saranno in stagione. Ho paura di stare male, e di non riuscire a lavorare. Di perdermi l’occasione di conoscere il Mozambico attraverso il cibo e le storie delle persone che lo producono.

Infine, parto per il Mozambico

Metto via le paure, faccio affidamento su Helpcode e su Roberta Pellizzoli, la persona che ha creduto in me, riempio la valigia con crema solare, medicinali per l’intestino, detersivi da viaggio, abiti estivi.
Non so bene quanto riuscirò a raccontare dal vivo, quale formato adotterò, perché non so al 100% a cosa vado incontro: è una sensazione spiazzante, ma diamine: che dono questo lavoro, prometto di farlo al meglio.

Un’ultima nota tecnica: ho fatto tutte le vaccinazioni all’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino, al reparto Medicina dei viaggi. È un reparto per chi viaggia in paesi lontani, per lavoro o turismo. Si prenota privatamente, e c’è una consulenza gratuita sulle vaccinazioni e le profilassi consigliate, a seconda del paese, del periodo e degli spostamenti che si faranno: procedono poi con le vaccinazioni e le profilassi a prezzo calmierato. Sono super gentili, tutti e tutte. Non so se esista un reparto del genere in tutte le città, ma se come me non ne conoscevate l’esistenza, ecco: cercatelo.

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Ci sono 2 commenti

  1. Buon viaggio Mariachiara… condividerei i tuoi stessi timori e i tuoi stessi entusiasmi per un’esperienza del genere, ma sono sicura che ciò che farai ti stupirà e insegnerà e stregherà in un modo che ancora non riesci neanche a immaginare!
    Un grosso bacio e buon viaggio, aspettiamo di vederti alle prese con questo lavoro così immensamente importante per gustare, scoprire, capire insieme a te!

  2. Buon viaggio, Mariachiara!

    Penso che le tue paure e incertezze siano più che naturali e anzi, ti fanno onore perché parti con delle consapevolezze che fino a qualche tempo fa non erano per niente scontate…e forse non lo sono nemmeno oggi.

    Non vedo l’ora di leggere i tuoi resoconti :)

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