Come sono finita a scrivere un saggio sul lavoro per Einaudi

Oggi esce “Non dipende da te”: il mio saggio sul tema della vergogna quando il lavoro non gira per il verso giusto. Lo pubblica Einaudi nella collana dei Quanti, è un eBook, lo leggete in poco più di un’ora: potete comprarlo su tutti gli store online.

In questo post proverò a rispondere alla domanda che mi sono fatta io per prima: come hai fatto, tu, content creator che parla di pane e pomodoro, che fa consulenza a freelance, che ha scritto sì ma di psicoterapia e di relazioni, sì, proprio tu che ti bombi di creme, a scrivere un saggio sul lavoro per Einaudi?
E anche: di cosa parla questo libro?
E: perché dovreste leggerlo?

Rispondo a tutto, in ordine.

Come è nata l’idea di un saggio per Einaudi

A ottobre 2021, alla Lounge del Salone del Libro, ho conosciuto Marco Peano, autore di romanzi ed editor per Einaudi: me lo ha presentato Francesca Marson, ufficio stampa di Adelphi e compagna di Peano. Io e Francesca ci conoscevamo tramite Instagram e l’amore per i libri. È stata lei a dirmi: “Aspetta, voglio presentarti Marco. Vorrebbe conoscerti”.

La verità è che avrei evitato quell’incontro: per me Peano era un autore bravissimo, e insieme un editor della casa editrice per cui avrei voluto pubblicare un romanzo da sempre. Immaginavo il motivo per cui volesse conoscermi: io ero quella di Lingua, il mio primo podcast per Storytel. Lingua mi ha portato una notorietà nell’ambito editoriale che prima non avevo: dopo Lingua, ho ricevuto diverse proposte da editor e case editrici. Il perché ho un romanzo a metà e non un contratto, lo racconto nell’eBook.

Quindi: come ci si comporta di fronte alla prospettiva di un incontro con una persona che potrebbe proporti qualcosa che non hai tempo o coraggio di scrivere?
C’è chi in queste occasioni si sente a proprio agio, perché non mette in campo aspettative, e chi invece, al cospetto dell’ipotesi di un’opportunità, vorrebbe fuggire: io sono rimasta, ma molto nervosa. Peano è arrivato, ci siamo chiacchierati per qualche minuto, e ci siamo salutati con la promessa di rivederci. Tutto molto più leggero delle mie sindromi.

In effetti, ci siamo rivisti: a pranzo, sotto lo studio del mio allenatore, negli uffici di Einaudi. Per simpatia e stima prima di tutto, e anche per lavoro. Per parlare e scambiarci libri, per un confronto sulle dinamiche dell’editoria e per conversare dei Quanti, la collana digitale che Peano cura insieme a Francesco Guglieri e Andrea Mattacheo.
Peano pensava che avrei potuto scrivere qualcosa di interessante per i Quanti, e anche io: aspettavamo il tema giusto, perché ogni numero della collana / rivista ha un argomento specifico.

Nel frattempo, nell’ultimo anno, ho cominciato ad approfondire per conto mio il tema del lavoro, partendo dal neoliberismo di Joseph Stiglitz per arrivare alla psicologia sociale di Chiara Volpato: ho cercato di inquadrare dal punto di vista politico e sociale la mia relazione con il lavoro e con i soldi. Ho pensato che leggere, approfondire, studiare potesse darmi degli strumenti per vivere con meno ansia e più consapevolezza. Ho comprato libri, parlato sempre più spesso di questo argomento anche in maniera pubblica, come in questa intervista su Rame.

Ho preso appunti sulle note, senza organizzare nulla, ma salvando informazioni e link pensando che un giorno ne avrei scritto. Cercavo nuovi strumenti per leggere la mia storia, strumenti diagnostici che non fossero quelli della psicoterapia: ero mossa dalla necessità di ricollocare la mia storia, lavorativa ed economica. Di fronte a un presente giudicante, ho provato a chiedermi se valesse la pena caricarmi da sola di tutto quel giudizio.

Quando è arrivato il tema del lavoro per i Quanti, io e Marco ci siamo sentiti.

– È lui
– Scrivi?
– Scrivo.

Ed eccolo qui.

Di cosa parla questo libro?

“Non dipende da te” è un libro che serve a scaricare il peso di quando il lavoro non funziona come vorremmo: nasce da una condizione che ho vissuto all’inizio di quest’anno, quando ho trascorso mesi a vergognarmi perché non stavo lavorando – e guadagnando – abbastanza.
Ho cominciato a chiedermi come rinegoziare certe sensazioni, e da dove arrivassero: se facevano parte di me come soggetto emotivo, o se ci fossero dinamiche più ampie che hanno forgiato determinate reazioni. Mi sono chiesta: se non funziona come vorrei, è colpa mia? Se vivo il lavoro con quest’ansia, è inevitabile? La crisi lavorativa è per forza crisi personale o ci sono forze politiche e sociali che possono aiutarmi a uscire dalla soggettività?

Quando si parla di crisi, di cambiamento, di fatica, legata alla persona, ho sempre invocato gli strumenti dell’analisi: quando questa crisi, però, ha abbracciato con intensità il lavoro, ho pensato fosse utile ampliare lo sguardo. Ho cercato risposte nei processi politici, economici e sociali che ci definiscono come soggetti protagonisti di quegli stessi processi, e la cui comprensione diventa a volte la chiave per osservarsi in maniera diversa.

Questo libro parla di questi processi: il neoliberismo, come si crea il legame tra soldi e autostima, tra problemi economici e quelli psichici, l’ascensore sociale, l’illusione del controllo, la competizione, il deterioramento del mercato culturale, darsi valore se sei un creativo. In mezzo, a fare da filo conduttore, la mia storia lavorativa ed economica.

Dentro trovate studi, saggi, podcast e articoli: Joseph Stiglitz, Chiara Volpato, Cynthia Cruz, Sarah Jaffe, Paolo Perulli e Luciano Vettoretto, Donata Columbro, Bertram Niessen, Alessandro Sahebi, Jonathan Zenti e Giulia d’Alia, sono solo alcune delle fonti che cito.

Perché dovreste leggerlo

Nella narrazione del lavoro, oggi, c’è un peso enorme che poggia sulle storie individuali: meriti, colpe, svolte, successi e insuccessi sembrano sempre oneri, fardelli e talenti personali.
A volte, questo può voler dire sentire e prendersi sulle spalle colpe e meriti non commisurati alla realtà: vedere la realtà, cioè allargare lo sguardo ai processi economici e sociali, ci permette di contro di cambiare questa narrazione, e, insieme a questa, di modificare la percezione del nostro ruolo quando le cose funzionano, o non funzionano.
Insomma, come dico a un certo punto del libro:

Rimane la vergogna, se rimane un racconto individuale

Dovreste quindi leggere questo libro per tre motivi:

  1. Per rinegoziare e scaricare dei pesi legati a momenti lavorativi complessi, che siano economici, psicologici o identitari.
  2. Per modificare la narrazione, cioè il modo in cui parliamo di soldi e di lavoro: scrivere questo libro ha aiutato me a inquadrare il mio percorso in un contesto più ampio, e a cambiare quindi il modo di raccontarmi. Se lo facciamo tutti e tutte, ne avremo beneficio tutti e tutte.
  3. Perché gli editori mi vorranno far scrivere altri libri.

Dove comprare “Non dipende da te”

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