Come scegliere un buon olio extravergine di oliva

La ricordo come fosse ieri, la prima degustazione di olio extravergine di oliva: circa 15 anni fa, in un ristorante a Milano, circondata da persone che emettevano versi bizzarri sorseggiando minuscole quantità di olio. Cosa succede, cosa fanno, mi chiedevo?
Prima di allora, non mi ero mai chiesta come riconoscere un buon olio extravergine di oliva: sono nata in un paese dall’emblematico nome di Olevano sul Tusciano, e come tante famiglie cresciute in zone a vocazione olivicola, l’olio da noi si faceva in famiglia.
Oggi che in famiglia non vivo più, e che ho strumenti diversi per distinguere un cibo e un olio buono da uno che non lo è, ho pensato di mettere in fila tutto quello che so sul mondo dell’olio extravergine: gusto, etichetta, acidità, sapore.
Questo post è in collaborazione con Ursini Grandi Oli: vi aiuterà a capire come comprare, scegliere, e riconoscere un ottimo olio extravergine di oliva. In fondo trovate anche un codice sconto, valido su tutto l’eShop.

L’olio extravergine di oliva in Italia

Dicevamo: Italia paese di produttori, ma è sempre stato così? Come tante industrie e settori, per creare un prodotto artigianale che rispetti certi standard serve un mercato curioso e attento: prima del 1987, questo mercato faceva fatica a esistere. Esistevano già famiglie e aziende che lavoravano in modo virtuoso, ma mancavano riferimenti normativi e culturali che distinguessero un olio da un altro.
Nel 1987 prendono forma la Corporazione dei Mastri Oleari e il concorso associato, il primo dedicato all’olio extravergine italiano: a crearla, proprio Giuseppe Ursini, insieme al giornalista e capofila Piero Antolini, e un gruppo sparuto di chef e produttori.
È da lì che nascono regolamenti e linee guida che definiscono nuovi standard, e modificano il mondo della produzione degli oli extravergini di oliva.

Cosa cambia tra olio di oliva ed extravergine d’oliva

Tra gli scaffali dei supermercati, troviamo bottiglie di olio hanno diverse diciture: olio di oliva, olio vergine ed extravergine. Quello che differenzia l’olio extravergine rispetto agli altri è un mix di elementi, che lo rendono più salubre e di qualità migliore. Andiamo con ordine:

  • L’olio extravergine si ottiene dalle olive raccolte a mano e spremute a freddo, con processi meccanici che non portano l’olio sopra i 27 gradi
  • La percentuale di acidità è fissata a 0,8 grammi per 100 grammi, ed è un parametro utile a capire la salute e la maturità delle olive, la gestione e la correttezza dei diversi processi di lavorazione. Per farvi capire quali possono essere le condizioni che generano un’acidità maggiore, possiamo avere olive molto mature, stoccate male e non lavorate subito, colpite da insetti che compromettono il frutto, danneggiate da strumenti meccanici troppo aggressivi.
    L’acidità non è una questione soggettiva: il limite dello 0,8% è quello fissato dalla normativa europea e internazionale, che stabilisce che tutti gli oli che superano quel limite non possono essere chiamati extravergini
  • L’olio extravergine non contiene oli raffinati, ottenuti cioè con sostanze chimiche, a differenza di oli di oliva che sono un mix di oli raffinati e oli vergini.

Quindi: più il valore dell’acidità è basso, quindi, tanto più la qualità del nostro olio extravergine sarà migliore, soprattutto da un punto di vista organolettico. Per farvi un esempio, gli oli extravergini di Ursini hanno un’acidità che va dallo 0,1 e allo 0,3, salvo alcune stagioni come questa, molto complicata, in cui arriva a 0,4.

Come capire se un olio ha dei difetti?

Quando si parla di riconoscere un buon olio extravergine di oliva, intervengono principalmente tre sensi.

1. Olfatto
Al naso, un buono olio Evo è fresco, e vegetale. Se ha un odore aspro e rancido, vuol dire che l’olio è vecchio. Se sentite un odore stantio, quasi di muffa, vuol dire che le olive non sono state lavorate subito dopo essere state raccolte. Occhio all’assenza di odore, che fa pensare a dei trattamenti chimici per deodorare l’olio ed eliminare odori sgradevoli, e con loro anche tutti gli altri odori.

2. Gusto
Diffidate di un gusto grossolano, senza equilibrio: troppo amaro, o troppo piccante. Anche note troppo dolci o addirittura neutre dovrebbero insospettire: l’oliva è un frutto con un suo carattere, se non ha sapore significa che qualcosa nella lavorazione o nella selezione non ha funzionato.
Guardate se c’è morchia, ossia la posa: se un olio ha del deposito, questo trasferisce un sapore e un odore sgradevoli.

3. Vista
La vista non conta, dicono in molti, ed è il motivo per cui le analisi tecniche avvengono in bicchierini blu: in realtà, però, il colore comunica, e anche Giuseppe Ursini concorda.

  • Un colore molto verde significa che le olive sono perfette, cariche di clorofilla, di vitamina E
  • Un colore molto giallo denota olive molto mature, adatte più a un olio da cucina e non da condimento
  • Un olio arancione: statene lontani.

4. Tempo
Qui aggiungo un fattore legato alla conservazione e al tempo: l’olio non dura per sempre. Conservatelo al buio, lontano da fonti di calore. Dopo 12-18 mesi, comincia a essere influenzato da processi di ossidazione. Per cui tenete d’occhio le campagne olearie dei produttori, se segnalate in etichetta.

Qual è il prezzo giusto per un buon olio extravergine di oliva

Quando indaghiamo i prezzi per un vero e ottimo olio extravergine, le risposte delle persone sono le più disparate: conta dove lo compri, le abitudini, la quantità, la percezione.
Per capire come si calcola il prezzo finale di un olio extravergine come quello di Ursini, gli ho chiesto di parlarmi dei costi: il risultato è una traccia che può aiutarvi di fronte allo scaffale.

  • 90 euro: il costo medio di 1 quintale di olive in fase di raccolta nel 2023.
  • 14 chili di olio: la resa di olio da 1 quintale. Le olive hanno rese diverse, ad esempio l’Intosso ha una resa di 8 chili da 1 quintale.
  • 20 euro al quintale: quanto costa la lavorazione in frantoio
  • 7 euro e 85: il costo dell’olio al chilo, fatti i calcoli di cui sopra, che diventano 7 euro e 20 al litro (0,916 di un chilo)
  • 2 euro circa: costo che copre i passaggi con cui l’olio viene messo in cisterna, filtrato, imbottigliato, spedito.
  • Poi ci sono i margini dell’azienda, e l’Iva.
  • Insomma, contando i costi vivi, se un olio costa meno di 10 euro al litro, rischia di non essere solo extravergine.

Quando possiamo avere prezzi più bassi?

  • Quando i produttori sono industriali e hanno più margine
  • Quando le olive non sono italiane, e arrivano da zone a coltivazione intensiva, che hanno costi minori
  • Quando sono oli vecchi che vengono modificati chimicamente, mediante processi che intervengono su odore e colore.

Monocultivar e blend: quale scegliere?

Per spiegare la differenza tra monocultivar (o monovarietà) e blend, pensiamo alla differenza tra un frutto locale e autoctono e un frutto che nasce da un mix di diverse tipologie.

  • Il monocultivar arriva da olive di un’unica varietà, esprime il 100% di un territorio ed è super pregiato.
  • Un blend è l’unione di diverse varietà, nel caso di Ursini di diversi monocultivar: qui il lavoro del Mastro Oleario è tutto, perché seleziona, mescola, crea oli unici.

Lavorare sulle monovarietà non è immediato, perché per i contadini significa raccogliere le olive per singole varietà in campi che spesso sono misti. Ma la scelta di Ursini è stata chiara: hanno sempre lavorato sulle monovarietà, per avere oli dalle caratteristiche tutte diverse con cui realizzare blend unici. Il blend è il tocco del Mastro Oleario, è la firma dell’azienda, è il tocco originale che nessuno può copiare.

Quanto conta la provenienza delle olive

Scegliere un olio extravergine 100% italiano non è solo questione di campanilismo: quando acquistiamo un olio venduto da un’azienda che lavora con olivi del territorio, abbiamo una maggiore garanzia sui tempi di trasporto e stoccaggio, sulla tipologia di olive, sul livello qualitativo.
Ursini, ad esempio, lavora solo con oli abruzzesi e una percentuale pugliese, dove prendono la cultivar Peranzana, molto gradevole.

Gli oli extravergine di Ursini Grandi Oli, quale scegliere

Collaboro con Ursini dal 2020, ed è dal 2020 che consumo solo il loro olio: per me, non ha eguali come nettezza dei sapori, amabilità, utilizzo in cucina e da crudo.
In più lavorano con energia rinnovabile, tecnologie moderne, e una voglia di fare bene che ho visto rare volte: sono legata a loro da un profondo affetto, perché lavorano con coscienza e attenzione.
Nel 2022 sono stati nominati migliore azienda olearia del 2022 dalla guida “Oli d’Italia” del Gambero Rosso.

Ecco quindi una breve guida che può aiutarvi a scegliere il vostro olio extravergine Ursini, con un promemoria: col codice MARICLER10% avete il 10% di sconto su tutto l’eshop. Sono oli che sono pensati per essere usati a crudo, perché hanno profili aromatici che danno il meglio se non sottoposti a calore. Fanno la differenza su tutti i piatti, ma anche su una fetta di pane.

Ci sono poi tutti gli altri oli compresi quelli personalizzati per i ristoranti, per cui Ursini crea oli su misura: insomma, c’è da sbizzarrirsi. Il mio consiglio è assaggiarne un paio tra blend e monovarietali e poi, ecco: ditemi qual è il vostro preferito.

Riferimenti normativi

Qui e anche qui.

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