Marzo 2019, 39 anni, 6 anni da freelance, 7 da dipendente, 7 anni a Torino: marzo è il mio capodanno.
Qualche giorno fa sono andata a Londra a festeggiarmi, e sono partita senza Mac: ho pensato e scritto
Se resisto, ci scrivo un post
Non solo ho retto benissimo, ma ho approfittato per fare il punto sulle diverse occasioni che abbiamo per lavorare meglio, lavorare con leggerezza, e che puntualmente sprechiamo perché siamo occidentali e ci hanno insegnato che sotto un certo ritmo non è dignitoso vivere, figuriamoci lavorare.
First things first
Cominciamo da stasera, in cui scrivo da un albergo di Milano dopo aver cenato con un’amica ventennale in zona Paolo Sarpi: la cena è alle 20.00, e alle 19.50 ricevo una mail di lavoro, con delle scadenze per domani mattina.
In altri tempi mi sarei preoccupata, e qui rubo la definizione a Sara Porro.
Da sempre, ma ancor più da quando sono genitore, cerco di preoccuparmi al momento opportuno, insomma salto il “pre” e semplicemente mi “occupo”: se qualcosa non va, allora mi ci dedico completamente
Io ho sempre avuto un approccio opposto: se qualcosa c’è, allora esiste qualcosa di cui preoccuparsi. Un impegno di domani a cui pensare da ieri, una consegna tra una settimana che mi terrà tormentata per mesi: non in maniera così estrema, ma sì, non sempre la vita mi è scivolata addosso. Spesso, e soprattutto nel lavoro, le mail, le riunioni, le cose da fare mi sono rimaste incastrate tra le orecchie e la mascella: hanno trattenuto il tempo, mi hanno rinchiusa altrove dalla vita.
Il dovere mi ha fatto perdere di vista me stessa, immaginiamo gli altri.
Come potete immaginare, non è qualcosa che può andare avanti a lungo. E infatti è un approccio che è cambiato.
Stasera, mi sono goduta la cena con la mia amica, ho fissato una colazione con un’altra amica, sono tornata in hotel, ho lavorato, e ora scrivo.
Cosa è cambiato?
Se avete letto il mio post sulla psicoterapia, avete già qualche risposta.
Se devo dirvi una sola cosa, so che ora ho più spazio: ci sono parti di me che accolgono gli impegni lavorativi e carburano per portarli a termine, altre parti che sono molli, e si godono quel che c’è. Non è lassismo, è equilibrio.
Come ci si arriva? Intossicandosi dal lavoro, credo, e cercando qual è la propria soluzione.
Lavorare da dietro le quinte
Dall’anno scorso ho cominciato a lavorare dietro le quinte, prima per un’importante azienda del biologico per aiutarla per una fiera, e poi per un grande gruppo editoriale per aiutarli con i contenuti social e progetti creativi.
Non sapete che sollievo levarsi dalla scena, e non pensavo fosse così.
Per me che porto avanti una presenza social costante e un progetto come TravelWithGusto in cui mi promuovo ogni giorno, e mi posiziono ogni minuto, collaborare senza volto e raggiungere degli ottimi risultati mi ha aiutato a scardinare alcune convinzioni che, pure quelle, alla lunga sono un po’ tossiche: la costanza è l’unica cosa che paga, ma se ogni tanto scompariamo, signori, le cose arrivano comunque.
Questi lavori mi hanno aiutato a riconsiderare molte cose con leggerezza, dal vendersi al comparire: forse essere adulti è saper essere impertinenti e cuorcontenti, in ogni contesto.
Da consulente, significa imparare a valutare sempre le risorse dell’azienda, chi hai davanti, come lavora il team, e adattare il tuo metodo alla realtà con cui ti confronti.
Credo che alcuni guru non lo abbiano ancora capito, e infatti vendono i propri metodi senza aver mai lavorato: ma alla fine, che soddisfazioni hanno? E soprattutto: i guru sanno essere impertinenti e cuorcontenti?
Decidere di essere in vacanza
Alla fine, quindi, a Londra sono andata senza Mac.
Ho fatto l’ultima call dall’aeroporto di Torino, ho risposto alle ultime mail durante il mio primo pranzo londinese, e poi addio: ho messo spazio e chilometri tra la mia vita lavorativa e la vacanza.
Mi ero dimenticata come ci si sentisse: non viaggiavo dall’aprile del 2018, da quando sono andata in Giappone, se non per brevi weekend e per le vacanze di Natale dai miei.
Ho deciso di investire tempo e risorse in TravelWithGusto, ne sono soddisfatta, ma sì, è faticoso: smettiamo di dire che quando un progetto è tuo la fatica non esiste. C’è, solo che è più divertente. Ma è sfiancante in ugual modo.
Non ricordavo cosa fosse quella leggerezza: quella sensazione di frizzantinità che ti assale quando cammini in un luogo nuovo a cui non appartieni. Dove non devi rispettare legami con niente e nessuno se non con quello che ti va di fare: sì, ripetiamolo, dovremmo tutti viaggiare da soli.
Non pensavo di riuscire a staccare così bene, di rigenerarmi in maniera così genuina.
Ho visto in realtà tantissime persone in tre giorni, tra amiche londinesi e amiche italiane in vacanza come me: ho fatto quello di cui avevo voglia, ogni giorno.
Alla fine, ho capito una cosa che spero di portarmi anche qui in Italia, nel lavoro di tutti i giorni.
Decidere di stare in vacanza è essa stessa vacanza.
A presto per il post su Londra!
[Photo by Charles “Duck” Unitas on Unsplash]