Dodicesima edizione di Identità Golose, il congresso gastronomico nato a Milano che tramite workshop, incontri, stand, degustazioni, permette di divulgare le tendenze dell’alta cucina italiana e internazionale a un pubblico di addetti ai lavori e appassionati: ogni anno un tema diverso, che nel 2016 è stato La forza della Libertà.
Per me che questa edizione è durata quanto uno snap (solo ieri), lascio tre spunti intorno al tema: si parla di partecipazione reale e di quella superficiale, di come i cuochi fanno i compiti a casa, dei contenuti fatti bene, e della necessità di selezionare il meglio quando sai quel che vuoi.
Cominciamo.
1. Fare PR o imparare qualcosa
Anche in questa edizione ho visto persone sostare nei corridoi senza mai entrare nelle aule, altre entrare e non prestare attenzione alle parole di chi si trovava sul palco. Sono le stesse persone che mentre parlano con qualcuno si guardano intorno cercando un interlocutore più interessante, che stampano improbabili bigliettini da visita in cui scrivono il nome di una professione per cui non hanno mai ricevuto riconoscimenti e pagamenti.
Il settore food, un po’ come quello del social media e lo-sa-fare-anche-mio-cugino marketing, in Italia si compone di grandi professionisti, affiancato da un manipolo pasciuto di wannabe (pr, giornalisti, blogger, cuochi): ora, nel 2016, quando hai un’opportunità come quella di entrare nelle aule di Identità Golose, davvero credi che a renderti riconoscibile sarà il numero di volte che compari nelle foto di cuochi famosi in stile photobombing?
È la differenza tra frequentare un convegno quando sei un professionista o meno: nel primo caso il tuo lavoro si compone di competenze e relazioni nella misura per cui le seconde si alimentano grazie al passaparola sulle prime, nel secondo ti basi solo sulle seconde.
Soprattutto: viva le pubbliche relazioni quando un convegno, un panel, un congresso è privo di contenuti. Ma tirarti fuori da Identità Golose per farti un selfie, dai, questo no. Se hai l’opportunità di imparare, dovresti avere la libertà di sceglierla.
2. Content is king (e non da oggi)
Si parla di content content content: senza contenuti fatti bene, non c’è interesse del target, senza interesse non c’è azione, senza azione non c’è ritorno dell’investimento. Sono anni che il team di Identità Golose coltiva questo approccio: c’è il convegno che dura 3 giorni, ma prima e dopo coltivano relazioni con e ampliano il potenziale target lavorando benissimo sui contenuti. La newsletter, il sito, la guida, i video, i social: provate a guardare il loro lavoro dal punto di vista del content marketing, e poi fategli i complimenti.
E ancora, i contenuti dei relatori: Antonia Klugmann ha affrontato il tema del 2016 parlando di libertà creativa, di donne, di Virginia Woolf. Matias Perdomo, insieme a Simon Press e Thomas Piras, portano sul palco l’idea di un ristorante, il Contraste, dove il menu è costruito sui gusti del singolo cliente e dove la profilazione degli avventori diventa concreta attraverso la memorizzazione dei menu.
I cuochi hanno la possibilità di condividere la loro filosofia, alcuni hanno compreso che significa avere un potere di comunicazione: che bello sfruttarlo con intelligenza, che bella la libertà di condivisione.
In ultimo, i contenuti degli stand, per cui vi rimando al mio post su Facebook di ieri.
3. La libertà di scegliere
Arrivi a un punto del tuo percorso personale e professionale in cui sai esattamente cosa è meglio per te: chi vuoi frequentare, chi escludere, cosa leggere, quali sono le fonti attendibili, quali congressi frequentare, a quali newsletter rimanere iscritto, a quali contatti togliere voce.
Quando diventi un professionista, hai una libertà di scelta che ti permette di riconoscere e rimbalzare la mediocrità se non ti appartiene, di selezionare la parte di mondo, di cultura, di interessi che più ti si confanno. Di fare il giro che preferisci, di sostare dove vale la pena.
È la libertà di scegliere il meglio, che coincide con la maturità professionale: in questa edizione di Identità Golose io l’ho percepita dappertutto – nel lavoro dietro il Congresso, nelle parole dei cuochi, negli allestimenti degli stand, negli eventi. È anche un po’ la mia libertà: quella di ritagliarmi il tempo per le lezioni che realmente mi interessano, quella di scriverne non perché devo ma perché sia di stimolo per altri, di cercare il massimo per dare il massimo.
E ora, godetevi l’aula per i prossimi due giorni anche per me!