Il lavoro ai tempi del Coronavirus

Come cambia il lavoro ai tempi del Coronavirus?

Il lavoro e cosa comunichi sul tuo lavoro sono una delle mie ossessioni.
Lo sapete: il modo in cui ci si rappresenta, con quanta onestà o scaltrezza scegli gli argomenti di comunicazione, è una delle cose su cui rifletto più spesso.
Soprattutto per chi è libero professionista, la scelta spesso è quella di tenere dentro il proprio piano editoriale argomenti che lo posizionano come competente in questo o in quell’ambito.
Questo periodo sta facendo emergere diversi orientamenti perché, per dirla in maniera sbrigativa, le nostre vite sono cambiate totalmente.

Prima di proseguire nella lettura, vi lascio con un consiglio dedicato a chi scrive o racconta il cibo: la prossima settimana, alle 14.30 di ogni giorno dal lunedì al venerdì, terrò delle dirette su Instagram con foodwriter che stimo. Ne parlo anche dopo, raccontando anche come ci sono arrivata, ma intanto segnate sul calendario.

Un elenco delle cose che sono cambiate

(Per me e per altri)

  • Non ci sono più trasferte o spostamenti
  • Non teniamo più riunioni di persona
  • Abbiamo lasciato un ufficio, se lo avevamo, e abbiamo creato nuove postazioni di lavoro casalinghe
  • I figli che andavano a scuola, ora sono a casa
  • Non frequentiamo bar, co-working, e tutti quei luoghi dove andavamo a lavorare fuori casa
  • Abbiamo una socialità ridotta, per alcuni nessuna
  • Sono stati rimandati eventi e fiere, e tutto l’indotto collegato per ora è fermo
  • Sono sospese le possibilità di networking di persona, cioè: ci vediamo per un caffè, passo in agenzia, ci vediamo a quell’evento.
  • Son rimandate, o annullate, le giornate di formazione in presenza
  • Si lavora in emergenza sui piani editoriali, per non sembrare fuori dal mondo

Che conseguenze hanno avuto questi cambiamenti sul lavoro?

Varie ed eventuali potrebbe essere la risposta sintetica, perché trovarne una sola è impossibile.
A seconda del proprio business, le conseguenze sono state diverse.

  • Per tutti c’è stata la necessità di riorganizzare alcuni flussi (riunioni, divisione tempo libero / professionale, per dirne due)
  • Per molti c’è stata una flessione (io, ad esempio, ho perso diverse giornate di formazione in presenza, forse recuperabili più in là, per alcuni colleghi con lavori legati a eventi è andata peggio)
  • Per alcuni la quantità di lavoro è rimasta invariata, anzi è aumentata con la complicazione di trovarsi a gestire le scadenze in contesti che sono cambiati (esempio: genitori in casa con i figli tutta la giornata)

Come stiamo reagendo?

La sensazione di spaesamento è grande: dal punto di vista personale, può essere molto complicato ritrovarsi in condizioni di convivenze forzate, di isolamento. Per alcuni riorganizzarsi è più facile, per altri ci vogliono condizioni diverse.

Tornando al lavoro, molte persone hanno avuto l’idea di distribuire competenze e contenuti a più persone possibili: c’entra un’indole più o meno generosa, c’entra la necessità delle persone di sentirsi utili, e necessarie. C’entra il voler comunicare il proprio posizionamento, ora che molte persone hanno più tempo per fruire di questi contenuti.
C’è in generale un affollamento, per me positivo, di spargimento di sapere, di riflessioni profonde, ma anche di intrattenimento leggero.

È tutto necessario?
Davvero tutti hanno più tempo?
Magari no, ma alla fine di tutto questo avremo stretto relazioni con persone che finora non avevamo conosciuto, avremo mille idee da sfruttare nel weekend, e soprattutto, ci saremo sentiti un po’ meglio pure noi.

Cosa ho fatto io?

I primi giorni sono rimasta incuneata nel disorientamento, anche a causa dei lavori persi: l’ansia può essere un bloccante molto potente, lo sa chiunque ne soffra.
L’ansia, però, sa essere anche un motore incredibile di creatività, e così pensando a nuovi modi di erogare le mie competenze, ho fatto una cosa che a guardarla ora mi chiedo come avessi fatto a non vederla prima: un nuovo servizio di Food Storytelling.
Ma pensa: parlo e scrivo di cibo da 14 anni, ho scritto per testate, lavoro sulla strategia di aziende ed eventi, ho fatto un podcast, e non avevo mai messo ancora tutto insieme in maniera così focalizzata.
Funzionerà ora, funzionerà dopo? Non lo so, ma intanto mi sono sentita meglio.

Per condividere informazioni e competenze che possono essere utili oggi, o domani, ho deciso di fare delle dirette per la prossima settimana: ogni giorno, dal lunedì al venerdì alle 14.30, parleremo di come si racconta il cibo con delle bravissime foodwriter. Con me ci saranno Monica Papagna, Sara Porro, Stefania Gambella, Sarah Scaparone, Giulia Scarpaleggia.
Vi aspetto su Instagram.

Esiste una soluzione creativa a tutto?

No, non c’è.
Fuori dalla mia bolla, ci sono catering, ristoranti, hotel, negozi di abbigliamento, erboristerie, fiere che hanno chiuso, e che senza incasso per uno o due mesi faranno fatica a sopravvivere.
Dipendenti a cui stanno erodendo le ferie, contratti non confermati, consulenze tagliate.
Non tutti i business sono uguali, non tutti sono così solidi, e nessuno, nessuno poteva prevedere quello che sarebbe successo.

In questo momento potrebbe essere utile distribuire e comunicare cosa sappiamo fare a chi già chi ci conosce, a potenziali nuovi contatti, per ampliare le cerchie, per seminare, per sentirci utili. Sai cucinare? Racconta come non ingrassare di 20 chili in questo periodo. Sai intrattenere? Fai delle dirette con persone interessanti. Fai formazione? Crea pillole gratuite.
Si può stare fermi, certo, ma credo che mettersi in movimento sia più utile che dannoso.

A questo punto, quindi, metterei da parte saccenza, lamentele, mancanza di spirito critico per tenere raccolte le energie e agire con una grande consapevolezza: che quello che cambierà dopo questo virus, sarà quello che faremo cambiare insieme.
Ognuno con una responsabilità individuale, che è anche collettiva.
Ognuno con un’attenzione verso l’altro, sperando che arrivi presto il momento di riabbracciarlo.

[Photo by Miguel Sousa on Unsplash]

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