Vendere la creatività

Le idee sono fatte per essere pagate? Il loro valore deriva dalla bontà intrinseca o dai vantaggi che confezioni per bene per renderli più evidenti? Vendere la creatività vuol dire prima essersi saputi vendere come creativi?

Ogni volta che ci si affaccia a un settore, a un nuovo progetto, ci sono due cose che uomini e donne, creativi e non, dovrebbero avere sempre come bagaglio: esperienza, e memoria.

Quando conosco persone che si sono appena messe in proprio, o quando faccio da tutor ai miei studenti, la mia tendenza è metterli in guardia: affacciatevi, osate, ma alzerete il vostro culo da terra tra diversi anni, le vere soddisfazioni arriveranno tra un po’, tutto quello che i vecchi vi dicono sarà vero anche per voi tra cinque anni, almeno.

Quando ho presentato questi tre progetti a tre grandi aziende food non avevo molta esperienza, e non avevo memoria: non avevo molti errori da cui imparare, e avevo così poche vendite nel mio cv da non avere ancora capito che avevo bisogno di un modello con cui vendere più che di un’idea da vendere.

Eccole, sul cosa ho imparato, lo trovate alla fine.

Non avete ancora capito di cosa parlo?

Questo post fa parte della serie: i progetti gastronomici che non ho mai realizzato. Eventi, format, progetti digital.  Idee che erano valide e che non lo sono più, altre che lo sono ancora, progetti che non ho venduto, format che ero convinta potessero funzionare. Alcune idee erano buone, altre ottime, alcune meno. Ho deciso di liberarle tutte, per condividere con voi una parte nascosta del mio percorso. Per poterne parlare, ridere insieme, per generare nuove idee.

1. Surgelati

Questo evento lo avevo chiamato FROZENCHEF. Avevo anche aggiunto: il naming è da rivedere. Che ingenuità, che brutto nome.

L’evento era pensato per un brand che produce, vende e distribuisce solo surgelati. Il brief era: vogliamo creare dei contenuti che parlino della qualità dei nostri prodotti, in maniera emozionale.
Io gli ho detto: uhm bello se lo dite voi, ma ancora meglio se a testimoniarlo è un cuoco credibile. A questo cuoco facciamo dire: usare prodotti surgelati equivale a risparmiare tempo, ma anche a utilizzare prodotti le cui qualità organolettiche vengono preservate intatte se il processo di surgelamento è fatto secondo alti standard.

E le persone come fanno a capire la differenza tra un prodotto surgelato come dio comanda e uno come farei io? Glielo raccontiamo, e spostiamo l’attenzione dal prodotto al processo, lasciando intatta la degustazione  degli ingredienti che vogliamo esaltare.

Ho quindi proposto

  • Un evento
  • Dalla doppia anima ludica ed educativa
  • Dove si spiegassero tutti i segreti per un corretto surgelamento dei prodotti
  • Ospiti; 10 tra blogger e stampa, dei settori food, lifestyle e mum.
  • Testimonial: uno chef per raccontare la tecnica e i processi, per mostrare i vantaggi di surgelare i prodotti e i segreti per farlo al meglio
  • Cosa si mangia? Ma i prodotti dell’azienda, opportunamente cotti.

2. Caffè

Molto prima che Lavazza mandasse il caffè nello spazio, io ho pensato di mandare un suo concorrente al mercato: il mercato, quello quotidiano di frutta e verdura, quello vero, ha la capacità di legare al cibo i valori della stagionalità, della bontà, dell’attaccamento alle proprie tradizioni.

C’era anche un tema di visite sui punti vendita, e allora ho proposto qualcosa che legasse il brand alla conoscenza del proprio territorio, al rapporto diretto col cibo attraverso il concetto e il luogo del mercato.

Ecco quindi un blogtour strutturato come

  • Ritrovo il sabato mattina
  • Con 10 tra blogger e stampa
  • L’incontro sarebbe stato in un mercato della città di Torino, con una spesa guidata tra una selezione di produttori
  • Pausa caffè in un locale del brand e poi direzione scuola di cucina
  • Light lunch e didattica – pure questa light – sul caffè
  • Corso di cucina con la spesa del mercato, con ricette dolci e salate a base di caffè

3. Frutta

Frutta = Conserve, santi numi.

Conservare un frutto (in una marmellata o composta) vuol dire mettere in un barattolo un ingrediente di qualità per renderlo disponibile tutto l’anno, e magari regalarlo a qualcuno.

Poi, come sempre, io credo che la differenza la fanno le persone quando stanno insieme, e allora: cosa succede se metti insieme persone che vogliono fare le conserve, scelgono gli ingredienti e decidono di ritrovarsi per cucinare insieme?

Avevo così proposto l’idea di una Public Jam, e cioè

  • Una giornata in cui coinvolgere blogger, stampa e amici dei blogger per fare insieme spesa e conserve, da regalare poi reciprocamente.
  • La location? Un finto mercato, con frutta, spezie e ingredienti per produrre le marmellate.
  • Con l’aiuto di uno chef, sarebbero stati creati degli abbinamenti gourmet anche a partire dalle proposte dei blogger.
  • Nel frattempo, sarebbero state reate delle etichette con i nomi dei blogger da apporre ai barattoli, con una persona esperta di handmade.
  • La giornata sarebbe stata documentata da un fotografo e un videomaker, per produrre materiale video e foto per i social + sito del brand

Cosa ho imparato

Quando insieme al preventivo dai la strategia – e se poi ti fai pure pagare poco – le aziende troveranno meno  interessante il tuo preventivo: è vero che nelle gare di agenzie queste sono chiamate a fornire e sviluppare un’idea creativa, ma se la tua scelta è quella di non essere un’agenzia, allora agisci da freelance.

Nel dubbio, impara a fingerti un vecchio creativo.

[Photo by Alisa Anton on Unsplash]

 

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C'è Un commento

  1. quella del caffè al mercato mi fa venire in mente il vecchio paese di mia nonna; il giorno di mercato c’era sempre un furgoncino aperto con un signore che distribuiva gratuitamente tazze di caffè fumante al pubblico, che dopo immancabilmente comprava i pacchetti confezionati…

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