Il senso del Mai

A 4 anni dicevamo No: no alla frutta, no a dare i giochi a Barbara, no a indossare i calzini prima delle scarpe. Negavamo l’assenso di pancia, ci scostavamo dai gesti ordinari con caparbietà.
Il nostro No oggi ha masticato l’esperienza e il dolore, ha assaggiato la pasta, il culatello, il tofu; ha selezionato gli amici per il futuro e accantonato gli amanti del passato. Ha avuto madri, sorelle, mariti. Ha discusso di scelte importanti, ha cambiato lavoro, speso uno stipendio, ha sentito un colore, si è esposto alla luce.
Esiste un passaggio delicato, sentimentale, liquido, in cui il No rischia di diventare Mai, mai più

Ho sofferto | Non voglio che accada Mai più
Ho vissuto mesi d’inferno lavorando come hostess | Non lavorerò Mai più come hostess
Sono stata tradita dal mio fidanzato | Non mi fiderò Mai più di nessuno

Non è un banale processo di schiacciamento e chiusura per resistere al dolore: le persone possono restringersi, e diventare cattive anche dopo aver inghiottito litri di felicità.

Non sono le sciagure che ci rendono ostili alle possibilità.

È il sapere, o meno, ritornare vergini spiritualmente per accogliere persone, cibi, fatti, posti che mutano, per indole e scelta: se sei stato ferito da Elia che aveva i capelli rossi, le Camper puzzolenti, che mangiava pasta e piselli senza parmigiano, hai la scelta di considerare Elia una relazione in cui eri una persona pronta per essere ferita, disponibile al perdono, portata alla vendetta. Puoi assegnare categorie alle Camper, alla pasta, al colore dei capelli. Puoi stringere le mani intorno al rimpianto, spalancarle sotto la doccia.

Non è lui, sei tu.

Prendete me: in questo momento, io sarei la persona ideale per aborrire la famiglia, una qualsiasi. Divorziata, figlia di divorziati, una sorella che sta male ricorrentemente, con varie amiche tradite, intorno uomini incapaci di scegliere, o che non scelgono me.
Eppure rimango: impaurita, diffidente, pronta a dare la possibilità alle persone, e a me stessa, di stupirmi. Di rassicurarmi, spaventarmi magari. Consapevole che non tutto sarà logico, immediato, ma qualcosa sarà.
No: e perché? Cosa riusciamo davvero a evitare? Quanto potenziale spingiamo via? Davvero quello che è accaduto dieci anni fa potrebbe ripresentarsi con gli stessi effetti?
E sarà anche che alzare la testa al diluvio può essere divertente?
Nei mesi che seguiranno a un’esperienza, di indubbia entità, sarai tentato di tracciare delle conclusioni: insegnamenti, riconoscimenti, associazioni. Sarà saggio farlo nella misura in cui la griglia che disegnerai da lì in poi non prevederà meccanismi troppo rigidi: se qui, allora lì.

Impara, acquisisci, tramanda.

Ma non scordare che la vita intera sta tutta lì: nei buchi della griglia, nel fango che viene spruzzato fuori, nel brodo che si rimescola. Mentre navighi senza geografia.

Iscriviti alla mia newsletter

Vuoi ricevere anche gli articoli del blog?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.
Tutti i campi sono obbligatori.