Scrivere gratis per il web

Settembre è arrivato (o quasi): mancano meno di due mesi ai due matrimoni, sta arrivando il primo fresco, freme la voglia di accucciarsi nei maglioni e di dimenticare i propri piedi in larghe galosce. Questo blog è diventato uno spazio molto piccolo, quasi microscopico rispetto alle macrodimensioni del matrimonio e del lavoro, che in questo momento sono molto più ingombranti.

Voglia di cucinare non ne ho, e sinceramente non so molto bene nemmeno se riprendere questo blog o se farlo esplodere nella galassia dei foodblog: per il momento lo lascio qui, incerto nella forma e scarno nei contenuti. Voglia di parlare con voi invece ne ho, e vorrei spendere due parole in più sulla scrittura per il web: non su regole, ortografia, netiquette o balle varie.

Ecco, io vorrei parlare sullo scrivere per il web gratis.

Molti di noi foodblogger, oltre a prestare i propri neuroni per attività di scrittura e fotografia per il proprio spazio sul web, scrivono per altri siti o testate: io l’ho fatto per Spigoloso, Giovanna per Scatti di Gusto, Kja scriveva su Corriere Asia, e così via. Sono impegni con cadenza più o meno fissa, vengono prodotti dei contenuti originali, pensati per il pubblico di quel sito o testata, c’è un ritorno di pubblicità che giova entrambi (noi e quel sito): rispetto alla mole di lavoro che questo tipo di impegno richiede, mi chiedo, a questo punto: la passione basta? Davvero è l’unico motivo che ci spinge a impegnarci tanto per produrre contenuti di qualità? Non chiedere nulla in cambio “perché tanto mi diverte” è una verità davvero così solida?

Quello che vedo quando mi guardo intorno ogni tanto mi fa un po’ pena: blog che sponsorizzano palline di melone per una cena senza fatica, siti rigonfi di cinquantenni diversamente occupati che hanno scoperto la vocazione della gastronomia, pagine di chi fomenta il suo ego con la ricetta delle lasagne di pesce e che fino a ieri sbriciolava il brodo Star sulla fettina di carne.

La scrittura per il web, io e altri che scriviamo per il web, abbiamo alimentato questo circo, perché bene o male ci ha divertito farne parte: dopo quattro anni di vita passata sui foodblog, tra convegni culinari e manifestazioni di varia natura, ho assistito a scene surreali in cui The big ego of food l’ha fatta da padrone.

Incontri tra perfetti sconosciuti che parlano del post del 1996 manco fosse la finale dell’Italia del 2006, esibizioni di contatti virtuali come carte di credito dai colori sgargianti, narrazioni di pranzi da stellati con l’orgoglio con cui ci si vanta delle nuove piastrelle di ceramica del proprio wc.

E io? Noi? Noi eravamo orgogliosi di presentarci come foodblogger, di essere invitati lì, di partecipare a, e di scrivere per: in cambio, riconoscimenti di “ruolo” e l’accesso al dorato mondo dei pettegolezzi della gastronomia. Un mondo piccolo, pieno di bontà celestiali e di matti epocali. Un mondo che soddisfa il proprio egocentrismo, che regala gloria a tutti e indistintamente, a cui è facile accedere e che smazzetta identità nuove di zecca a chi ne fa richiesta con un piatto di pasta.

Di questo orgoglio, e di questa smania di far presenza, molte persone ne hanno fatto un business: dalle aziende che chiedono post gratis e pubblicità costante in cambio di una pentola per l’uovo, agli editori che chiedono foto e testi senza un ritorno economico, ai pr che ti invitano a cena aspettandosi dedizione assoluta.

Non voglio generalizzare, sia chiaro: si scrive per mille motivi, e il mio post riguarda l’altra parte, quella che pubblica contenuti altrui. Se tra i motivi di chi scrive c’è la speranza di inserire una voce nel cv, attenzione: ponete un limite all’apprendistato gratis sul web, e integratelo sempre con uno stage su carta. Lavorare gratis per cinque anni non fa fare bella figura a nessuno, crisi o non crisi.

Proviamo a domandarci non quanto mi costa?, ma: quanto costa a loro? Se la risposta, nel secondo caso, è nulla, una volta, due volte, tre volte, forse alla quinta è meglio tornare a casa propria e vedere se passa qualcosa dalla finestra.

Da parte mia, complice l’attenzione rivolta ad altro che non sia la gastronomia, sono arrivata alla conclusione che non ne vale la pena: tutto il mio entusiasmo e la passione non fanno conto pari con l’impegno richiesto per la scrittura per il web, la voglia di gloria l’ho bella che superata, e mi sono stufata di essere una che fa da cassa di rimbombo per professionisti che usano la mia voce sul web per pubblicizzare il loro spazio. E questo premettendo che se qualcuno mi cerca non è solo perché io sia più o meno brava, ma è anche perché sono gratis.

Abbiamo costruito un sistema, una realtà sul web che del cibo prende la parte più amara, e che certo non è una culla per aspiranti professionisti della gastronomia.

Quindi, la finisco con due grandi verità: se qualcuno di voi che sta leggendo questo post è una di quelle persone che vorrebbero, magari in maniera indistinta e non localizzata, lavorare nel mondo del food scrivendo, fotografando, entrando nel campo delle pr, smettetela di farlo gratis. O almeno, non per il web, che paga ancora meno delle aziende sfruttatrici di stagisti ad infinitum. Fatelo solo se vi diverte al 100%: l’esaltazione da star del web dura poco, e la realtà è fatta di persone molto più piccole dei pixel delle foto che pubblicano.

E voi, editori, professionisti che state leggendo questo post, cominciate a pensare a una moneta di scambio per noi che produciamo contenuti per voi: stipendi, pagamenti una tantum, libri, viaggi. Potrebbe essere un modo per avere contenuti professionali per più di sei mesi, e per crescere qualitativamente voi stessi.

Si sa mai cambi qualcosa.

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Ci sono 43 commenti

  1. Cara, non solo sottoscrivo questo passaggio: “non ne vale la pena: tutto il mio entusiasmo e la passione non fanno conto pari con l’impegno richiesto per la scrittura per il web, la voglia di gloria l’ho bella che superata, e mi sono stufata di essere una che fa da cassa di rimbombo per professionisti che usano la mia voce sul web per pubblicizzare il loro spazio.” Ma aggiungo che se collaboro esigo che contenuti, stile, modi, tempi, comportamenti e quant’altro siano di mio gradimento, visto che ci metto la faccia gratis, e che ne posseggo una sola

  2. Quanta verità nelle tue parole… leggendo abitualmente alcune delle testate che nomini credevo (beata ingenuità) che foste in qualche modo retribuiti, ed esultavo per voi.
    Fare leva sull’ego e sulla passione di un bravo blogger è un ottimo metodo per ottenere lavoro gratis, ma lo stesso si verifica in tutti i settori “creativi”, con un riscontro anche qualitativo: per un professionista che rifiuta ci sono cento bricoleur/smanettoni/hobbisti che accettano…

  3. In quanto cinquantenne diversamente occupata (essere cinquantenne è una vergogna?)e tenutaria di un modesto blog casalingo, potrei anche sentirmi un po’ offesa.
    Ma per fortuna non mi ci sento.
    Il mio blogghino l’ho tenuto in perfetto understatement, consapevolmente e volutamente, con foto caserecce e ricette da mensa scolastica – ovvero quello che mangio io – e mi piace così com’è. Piace anche ad altri, e questo mi fa contenta. Mi sono posta però la stessa domanda: perché gratis? Così ho voluto provare a scrivere in cambio merce: scrittura a pagamento, in cambio di derrate alimentari. Non mi pareva giusto erogare un servizio di intrattenimento senza averne nulla in cambio. Ha funzionato solo per un breve periodo, ma è stato bello lo stesso. Il mio obbiettivo era non il lucro, ma aumentare l’interattività, ma mi sono presto resa conto che alla gente piace leggere, ma non partecipare.

    http://oradicena.blogspot.com/2009/12/coniglio-prezzolato.html

    Sono tornata a scriverci ogni tanto senza nulla in cambio, per mio personale bisogno e diletto.
    Però il mio momento di gloria l’ho avuto anch’io! Con il cartellino “foodblogger” e tutto il resto alla vostra cena dei mangiapizza! È stato bellissimo, e il mio ego è ingrassato di due etti buoni, La mia persona di due chili, ma vabè.
    Penso che bisogna avere coscienza dei propri limiti, e che non ci sia niente di male a pubblicare la ricetta della minestrina, se non si ha la pretesa di farne una professione o guadagnarsi la con quella la gloria e la fama.
    Da lettrice di food blog, so distinguere la fuffa dalla qualità, da padrona di casa (“per piccina che tu sia, sei sempre casa mia”), pubblico quello che mi pare sbatto fuori chiunque non mi sconfinferi. La libertà non ha prezzo.
    Voi due, ehi, voi due: non fatevi prendere la mano, è solo un matrimonio! Il vero lavoro viene do

  4. …po. Grazie intanto per il lavoro fatto qua, sono sicura che vi è servito tanto e vi ci siete anche divertiti.
    Aiìguri!

  5. Il fatto che il web abbia fatto diventare tutti cuochi, fotografi, giornalisti…la dice lunga. Se fino a ieri cucinavi le tue belle crostatine non é che da un giorno all’altro diventi cuoca provetta. Idem per la fotografia non basta avere la reflex per definirsi maghi del clic. E in molti blog si legge “non é una testata giornalistica …ecc…” peró tutti scrivono reportage, recensioni e via di seguito.
    Secondo molti questa é la libertá della rete. È anche la libertá di “certe” aziende di fare man bassa di materiale a costo zero. Le riviste specializzate si adeguano al livello generale di mediocritá che si respira. Un fotografo professionista ha dei costi molto alti…ma per una foto carina posso contare sui food-bloggers. Ed il meccanismo per quanto diabolico, funziona. L’ego prende forma, l’autostima aumenta. Ma é fare beneficenza a chi non ne ha bisogno e si passa per “bravi” (applauso generale) e non per “buoni”.
    A volte penso che dato che tamburello con le dita sul tavolo potrei aprire un blog di musica e magari scrivere la critica musicale sul Corriere…mi pare sia quello che succede nel mondo del food -senza aver studiato-viaggiato-lavorato-sudato- si diventa professionisti di botto (senza monetizzazione non c’é professionismo peró)

  6. Facendo parte di coloro che hanno alimentato questo circo non posso che condividere e salutarti.

    P.S.
    Mi piace molto la parte dei cinquantenni diversamente occupati e di quelli che fino a ieri sbriciolavano il brodo star

  7. Sono d’accordo sia con Anonimo che con Esmé, la rete ha dato l’idea a tutti di potersi inventare da un giorno all’altro esperti di cucina, fotografia, critica gastronomica… con pessimi risultati sia per chi questo lavoro lo fa in maniera professionale, avendo investito molto nella propria preparazione, sia coloro che vorrebbero intraprendere questa attività partendo dalla passione per i food blog. D’altra parte tutti sono liberi di aprire un blog, anche se sono cinquantenni che fanno ricette super semplici, l’importante è rendersi conto dei propri limiti e dei propri obiettivi.

    L’editoria è in profonda crisi, è un mondo di squali che sfruttano l’ingenuità altrui per fare il proprio misero interesse a breve termine.

  8. Un post che condivido ma trovo difficile da commentare.
    L’azienda ci marcia sulla disponibilità e creatività dei blogger. Ma come blogger cerco di essere consapevole dei miei mezzi ed ambizioni. Avendo iniziato per gioco, far diventare il blog non una vetrina ma un lavoro e quindi retribuito e rispettato si sa è difficile.
    Avendo un lavoro nel famigerato mondo della ricerca di squali ne vedo molti. E quindi non mi stupisce trovarli anche nel mondo che vuole circolare attorno ai blog.
    Il rispetto lo si guadagna ahimè dicendo no, talvolta.

  9. anche i cinquantenni diversamnete occupati van bene perchè sono gratis, a dir la verità. non c’è nemmeno bisogno di rimborsare i conti…

    quasi tutto ruota intorno alle plausibili risposte alle interessanti domande che poni. il futuro di internet dico: modello HUff-Po o evoluzione della tradizione della carta?
    Mah.

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