Educazione gastronomica: come mangiare meglio e con più gusto

Quando si parla di educazione gastronomica, spesso abbiamo una reazione stizzita: associamo la parola “educazione” alla rigidità di norme e comportamenti. Quando la affianchiamo all’ambito alimentare, pensiamo che “regola” significhi “privazione”.
In sintesi: qualcuno sta per darci una lista di errori da non fare e sta per dirci cosa non possiamo più mangiare.
Che noia, giusto? Cosa dire: concordo.

Vi prometto però una cosa: in questo post ci saranno indicazioni su certi tipi di comportamenti più o meno consigliabili e non posso fare altrimenti. Se una persona mangia male, serve capire cosa vuol dire “male”, e per farlo serviranno degli esempi.
Quello che interessa a me, però, non è tanto darvi delle regole: non sono una nutrizionista, non ho competenze in ambito alimentare che non siano quelle del gusto.
A me interessa capire perché continuiamo a mangiare “male”, e come mangiare “meglio”, che per me significa due cose: nutrirsi in maniera appropriata e con piacevolezza.

Plin coreani da Uri Sapori Condivisi

Educazione gastronomica e alimentare: sono cose diverse?

Qui sotto trovate un elenco dei segnali che riguardano l’educazione gastronomica: alcuni riguardano il gusto, altri quello che viene prima, come la conoscenza delle etichette e degli ingredienti.
Insomma: esiste una vera differenza tra l’educazione alimentare e quella gastronomica?
Sì e no, per me.

  • Da una parte, se conosci le capacità nutritive degli ingredienti, la loro provenienza e sai capire qual è l’apporto energetico e nutritivo di un alimento, potrai comporre e scegliere meglio il cibo che mangi.
  • Ma poi serve un altro passo: puoi sapere tutto, e mangiare comunque in maniera triste. Puoi avere tutta la conoscenza del mondo su tabelle ed etichette, e non azzeccarne una in quanto a gusto.
  • E invece, alla fine, secondo me mangiare si alimenta da lì: dalla gioia con cui ci mettiamo a tavola.
  • Imparare a cucinare e imparare a nutrirsi non sono cose diverse: per morire sani, tocca morire felici.

Questi discorsi sembrano non parlare a chi non ha grandi capacità di spesa: insomma, un altro pippone da gastronoma snob, no?
Parlo di piacevolezza e di etichette quando ci sono famiglie che fanno fatica a fare la spesa. La ristrettezza economica può essere anche povertà educativa: non si hanno mezzi per modificare la propria alimentazione.
E anche chi ha una capacità di spesa media, in alcuni momenti presta una maggiore attenzione alla capacità di spesa. Quindi: non è solo una cultura che manca, quando parliamo di cattiva alimentazione.
Serve cambiare gli stipendi, le possibilità di accesso a lavoro, e solo dopo la cultura su come spendere i propri soldi, quando si tratta di cibo.

Tendiamo sempre a pensare che chiunque conosca quello che conosciamo anche noi, e che quindi faccia la spesa come la facciamo noi: i carrelli altrui ci sembrano un mistero, ma se certe cose sono sugli scaffali è perché le persone le comprano.
Hai voglia a dire di non comprare alimenti processati o sottocosto: le scelte di acquisto dipendono da soldi, cultura, contesto, tempo, relazioni.

Quindi prendete quello che viene qui sotto come parte di un contesto ristretto: il mio e quello della mia community, che si fa più domande sul cibo rispetto alla media delle persone. Non siamo un campione rappresentativo, ma è un buon campione per fare un ragionamento più ampio: arrivate in fondo.

Ristorante Marzapane a Roma

Assenza di educazione gastronomica: segnali e abitudini

L’elenco qui sotto nasce da un Q&A su Instagram, dove ho chiesto: quali sono secondo voi i segnali di una scarsa educazione gastronomica? Le risposte, come vedrete, abbracciano diversi momenti e ambiti che riguardano il cibo: la spesa, la cucina, la cultura, il budget.
Parleremo di questi segnali come se fosse una persona, eccola qui:

:: Canali e abitudini di spesa

  • Sceglie la GDO come unico canale di acquisto per frutta e verdura
  • Non conosce e non compra in altri canali di acquisto che abbiano un tragitto più breve o che arrivino da agricoltura biologica
  • Fa delle scelte di acquisto che si basano sul posizionamento di quei prodotti
  • Fa acquisti tenendo in considerazione esclusivamente il prezzo
  • Non sa percepire il corretto rapporto qualità/prezzo perché compra a caso
  • Pensa che il momento spesa sia qualcosa a cui dedicare meno tempo possibile

:: Nel carrello

  • Mangia e sceglie solo cibi processati
  • Sceglie cibi che hanno molti conservanti
  • Non conosce la stagionalità
  • Pretende di mangiare (e comprare) ciliegie a dicembre e cavolfiori a luglio.
  • Non legge le etichette
  • Non conosce minimamente il territorio e gli ortaggi locali
  • Non conosce l’esistenza di alcuni alimenti ormai noti, come la quinoa

:: Cucina e condimenti

  • Compra sempre gli stessi alimenti e li cucina sempre nello stesso modo – le zucchine, sempre
  • Non sa conservare o usare strumenti o metodi di cottura
  • Mette salse ovunque
  • Utilizza grandi quantità di condimenti per insaporire alimenti mediocri di base
  • Usa sale e zucchero in maniera eccessiva
  • Compra il surimi pensando sia granchio
  • Cucina e scalda più volte lo stesso alimento
  • Cucina pochissime verdure
  • È incapace di accostare alimenti, manca di pianificazione ma anche di improvvisazione con quello che ha in casa.
  • Non apprezza cucine diverse a livello regionale e internazionale

:: Cattive abitudini

  • Non sa come conservare e quindi ha molto scarto e molto spreco
  • Compra troppo e butta con leggerezza
  • Mangia carne tutti i giorni
  • Compra vaschette di affettati perché: non si sa mai

:: Nutrizione

  • Non conosce la relazione tra quello che mangia e il proprio corpo
  • Non fa pasti bilanciati
  • Cucina solo per nutrirsi, non per gusto
  • Non conosce la differenza tra carboidrati, grassi e zuccheri
  • Mangia solo piatti pronti
  • Utilizza a ripetizione gli stessi ingredienti e modalità di preparazione
  • Mangia cibo in modo veloce, fa pasti ovunque e in sovrappensiero (al pc, per strada), ha pregiudizi sul cibo
Verdure a pranzo

Perché manca l’educazione gastronomica

Conoscere la stagionalità vuol dire conoscere il gusto, esplorare il gusto significa cercare la piacevolezza, e quindi ingredienti freschi e di qualità, volerla mantenere significa conciliare tempo e voglia, e quindi organizzarsi e di conseguenza sprecare di meno.
Insomma: l’educazione gastronomica è un circolo di scelte, gesti e conseguenze e quando ci sei in mezzo, non conta come ci sei entrat*.

  • A volte l’educazione manca perché siamo una generazione accudita da genitori che hanno vissuto un salto economico e professionale, e che alla cucina hanno dedicato uno spazio ridotto.
  • A volte anche con una famiglia con la passione per la cucina, siamo persone cresciute in una cultura alimentare sballata e piena di paletti, e non sappiamo quale sia la strada verso l’ascolto del nostro corpo.
  • L’educazione poi passa anche e soprattutto dal piacere: nutrire il corpo e goderne. Il piacere è un motore, ma non riusciamo a migliorare la nostra cucina, e a un certo punto gettiamo la spugna.
  • Ci pesa tanto cucinare, può essere noioso e se lo devi fare per altri, sa essere una tortura.
  • Non mettiamo in relazione il mangiare male, ed essere scontent*, e il mangiare male in senso alimentare (troppo pesante, poco vario): in entrambi i casi stiamo peggio.
  • Non sappiamo come organizzarci, cosa comprare, come fare la spesa: da dove partiamo? Aiuto.
Antipasti piemontesi

Suggerimenti per ravvivare l’educazione gastronomica

Insomma: proprio perché l’educazione è un circolo, se vogliamo migliorarla e abbiamo le capacità di farlo, tocca scegliere un punto di accesso. Non si può intervenire su tutte le cause in maniera simultanea, non si può pretendere di cominciare un cambiamento radicale che modifichi tutte le scelte che abbiamo fatto finora.
Cominciate dalla spesa, dalle ricette, dal parlarne con un* nutrizionista o un* psicolog*, cominciate dai blog, dai libri, da YouTube: cominciate da un punto sensato per voi, e insistete per un po’ di tempo. Mesi, non settimane. Trovate del bello, nel cambiamento: non privazioni, non frustrazione, ma godimento e gioia.

Ecco i miei suggerimenti:

  • Cercate tra i ristoranti di fascia medio alta, o le premiate trattorie italiane, 2 ristoranti da visitare in un anno: meglio che siano vicino casa vostra e che facciano una cucina che è già nelle vostre corde. Un po’ vi permette di scoprire consistenze e sapori nuovi. Leggete il menu, segnatevi gli ingredienti e gli accostamenti: cercate di replicarli.
  • O anche: partite da un libro di un cuoco, o di una cucina che sia nelle vostre corde ma insieme sfidante: libri da almeno 25 euro, illustrati, per capirci. Non sai quale libro scegliere? Vieni in Banchetto.
  • Cercate un negozio, GAS, Commerce che venda frutta e verdura bio da cui rifornirvi. Imparerete varietà e sapore.
  • Non cercate le ricette su Google, ma seguite persone che fanno ricette, ergo: fate una spesa per quella ricetta che vi ha stuzzicato, non la spesa che fate sempre.

Volete sapere come ho imparato a cucinare io?

  • I primi foodblog che mi hanno spinto a comprare matcha e a combinare il cioccolato col sale e il melone col tonno: non cercavo le ricette, seguivo le persone.
  • Mangiare da Aimo e Nadia, comprare il loro libro e altri libri di chef pubblicati ai tempi da Giunti Editore.
  • Leggere libri su pesce e carne, di nuovo: quelli complicati. Insieme a questo, cercare sui social e sui libri come pulirli e cucinarli.
  • Partire dalle ricette di Yotam Ottolenghi, di Nik Sharma, e del NYT cooking per scoprire nuovi modi di cucinare le verdure e usare le spezie.
  • Mangiare in ristoranti buonissimi, se posso.
  • Parlare tanto con chi sta in cucina.
  • Portando attenzione, tempo e gioia in cucina.

Ma come si fa a scegliere e capire da chi farsi ispirare?

Da parte mia posso consigliarvi di

  • Seguire chi cita libri di qualità e cuoch* di spessore, non solo italiani.
  • Evitare chi vi propone 3 ricette in 3 minuti.
  • Comprare libri di cucina di Giunti, Slow Food, Ippocampo, Phaidon se vi sentite ninja, Bibliotheca Culinaria e in genere libri illustrati di grande formato – non è una regola universale ma un buon inizio.
  • Seguire persone a cui piace il cibo ma lo rispettano, senza eccessi quotidiani.
  • Spendere i soldi che non abbiamo per un ristorante buonissimo all’anno, se possibile.
  • Alcuni nomi su Instagram: Chiara Gavioli, Erik Kim, Myriam Sabolla, Lidia nonsolofood, Ixta Belfrage e ancora: le ricette su The Guardian e su NYT Cooking.

E il tempo per fare tutto questo?

Un punto molto importante: per me cucinare bene e mangiare bene deve essere compatibile con una vita piuttosto piena.
Per carità, a me fare la spesa piace, mi piace mangiare, ho fatto percorsi nutrizionali e psicoterapeutici.
Ma: senza organizzazione sarei molto più insofferente. Senza meal prep, senza un metodo nella spesa, senza competenze di conservazione e con una dose mediocre di ricette io getterei la spugna.
Quindi: cucinare è un metodo, che parte dalla spesa e finisce nel piatto. Anche questo si può imparare: ci sono diversi corsi su come organizzare cucina e spesa.
Due nomi al volo: la nutrizionista Chiara Ferrari Myriam Sabolla.

Vi lascio con un messaggio di Cristina, che mi ha scritto qualche giorno dopo che avevo sollevato questi temi su Instagram. Il suo messaggio condensa tutto: mangiare bene può essere una scelta, con le premesse di cui sopra. Non sempre è possibile, non deve essere perfetto, non deve essere totalizzante. Ma a volte si può partire da qualcosa di molto semplice.

lo amo il cibo, ma spesso tempi e desideri non conciliano.
Ma dopo il tuo intervento, ho comprato uova freschissime e mi sono cucinata, con le tempistiche necessari, una frittata che tuona. Lo so, è una semplice frittata, ma l’ho fatta con cura, tempo e ingredienti giusti e me la sono proprio goduta. Grazie, grazie.

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