Come funzionano i ristoranti delle cooperative sociali

Negli ultimi mesi ho mangiato spesso in ristoranti gestiti da cooperative sociali, ossia luoghi dove parte o il 100% del personale arriva da condizioni complesse: carceri, disabilità fisica o psichica, un passato di abuso di sostanze, rifugiati e giovani NEET.
Mi sono chiesta: come funzionano? Che impatto hanno sul quartiere e sulle vite delle persone che lavorano lì? Qual è la differenza nel modo di fare imprenditoria, tra chi sceglie una cooperativa e chi apre un All you can eat? Insomma: come sono gestiti cooperative e ristoranti sociali e cosa li differenzia dai ristoranti comuni?

Ho quindi trascorso l’ultimo mese a fare delle interviste per raccontarvi questo mondo: non è un mistero che la mia sensibilità sul tema sociale stia cambiando, e che sempre di più mi interrogo su come la cultura e l’industria del cibo possano supportare uno sviluppo e un impatto positivo sulle persone e sull’ambiente.
Nel mondo della ristorazione conosciamo tutti i modelli familiaristici o capitalistici, con tutti i pregi e i limiti: gli orari del personale, il nero, le isterie degli stellati, lo storytelling della tradizione.
In fondo, ha ragione Fabrizio Billero della Cooperativa Raggio quando mi ha detto:

Il cibo è un modo per tornare alla verità delle cose

Il post è lungo: potete leggere i paragrafi che vi interessano, o leggerlo in più parti.

[Foto in apertura @Al Fresco, Ph courtesy Rigenerazioni]

Chi sono le 3 cooperative con cui ho parlato

Di cooperative sociali ne esistono a centinaia, in Italia e ne ho scelte tre che arrivano da tre regioni diverse d’Italia. Ho quindi parlato con:

  • Fabrizio Billero, presidente di Raggio, Cooperativa sociale ONLUS di tipo B nata nel 2012 nel quartiere di Mirafiori Nord, a Torino. Il loro claim è “Crediamo in un modello di business che mette al centro le persone e non il profitto”.
    Hanno creato l’Osteria Andirivieni, di cui parleremo dopo, e: il mio amato Paz (chiuso), Baretto Raggio, Innovation cafè e bistrot, e il SAL Raggio, Sportello Servizi Al Lavoro.
Andirivieni, l’interno
Ph courtesy Raggio
  • Lucia Lauro, insieme ad Eliana Amato, di Rigenerazioni Onlus, nata nel 2016, rispettivamente responsabile del progetto di Al Fresco Bistrot e referente comunicazione delle attività della cooperativa. Si trovano a Palermo.
    Al Fresco è “Il luogo delle seconde possibilità”. Prima di Al Fresco, hanno creato Cotti in fragranza, il laboratorio di prodotti da forno del Carcere Malaspina di Palermo, e da pochissimo Casa San Francesco Rooms, una struttura di accoglienza per turisti dove far conoscere dall’interno le attività di cura sociale.
Al Fresco, l'interno
Al Fresco, l’interno
Ph Courtesy Rigenerazioni
  • Filippo Zamboni e Francesca Badi di Emc2, cooperativa sociale di tipo B sub A nata nel 2003 a Parma: lui è il responsabile della parte ristorazione, lei è la referente comunicazione. Lavorano a Lostello, un progetto di rigenerazione urbana con ristorazione nel Parco della Cittadella a Parma.
    Emc2 gestisce l’Ortobottega, nel podere della fattoria di Vigheffio, in provincia di Parma e Linsolito, a Collecchio, un locale con laboratorio, che fa da centro produttivo per i prodotti trasformati e per i centri estivi e scuole dove la cooperativa lavora. Oltre ai progetti legati al cibo, la cooperativa ha diversificato i settori lavorativi di intervento, come la cura e la manutenzione del verde e i servizi rivolti all’infanzia.
Lostello, interno
Ph courtesy Emc2

Come funzionano le cooperative sociali di tipo B per la ristorazione

Le cooperative sociali con cui mi sono interfacciata sono tutte realtà che producono servizi per la comunità e promuovono una cultura del lavoro inclusiva e sostenibile.

  • Le cooperative sociali di tipo B hanno l’obbligo di avere almeno il 30 per cento di dipendenti appartenenti a categorie svantaggiate
  • Sono realtà con un bilancio sociale trasparente e condiviso. Tutti i soci sono coinvolti nella relazione di rendiconto dei guadagni mensili. Diventare soci ha in genere un costo accessibile.
  • Hanno degli sgravi fiscali per gli assunti con fragilità: sui loro stipendi non pagano il cuneo fiscale, cioè tutta la parte di lordo dello stipendio, circa il 40%.
  • Lavorano tramite bandi e appalti, grazie a cui riescono a occupare il personale e inserire persone con svantaggi: in alcuni casi hanno persone che si occupano solo dei bandi.
  • Pagano un affitto nei locali dove sono i ristoranti e le altre attività, e in genere ci sono dei servizi che forniscono in convenzione. Gli enti committenti a volte ristrutturano il locale, ma il rischio di impresa rimane della cooperativa.
Andirivieni, piatto
Ph courtesy Raggio

Qual è il rapporto tra i luoghi di ristorazione e il territorio

Quando giriamo per le città, vediamo molti, troppi ristoranti: aprono in zone di passaggio, in centro come in periferia, in strade dove gli affitti commerciali sono vantaggiosi, o dove, se non lo sono, presentano opportunità di altro tipo.
Si sente dire spesso che gli esercizi commerciali, ristoranti compresi, hanno riqualificato o squalificato una zona, e questo dipende sempre dall’offerta: sarà diverso aprire un ristorante gastronomico dove lo scontrino è di 60 euro VS un fast food di bassa lega. E sarà ancora più diverso il quartiere a seconda dei locali che nascono, e delle licenze commerciali che vengono distribuite.

Nei ristoranti delle cooperative il dialogo col territorio è costante: nascono in quartieri dove diventano punto di riferimento per l’accoglienza e i servizi, oltre che per il cibo, e attraverso il cibo diventano motore di cambiamento.

  • Raggio nasce nel quartiere Mirafiori, a Torino: l’osteria Andirivieni si trova in Cascina Roccafranca, una vecchia cascina alle spalle della zona di Città Giardino, tra le strade del Centro Europa e di Borgo Cina. Billero e i primi soci sono nati qui, e hanno sempre voluto fare qualcosa per il loro quartiere: conoscerlo è il primo passo per creare un’offerta equilibrata, a livello di menu e servizi. Su cosa intervenire, che esigenze ha questo quartiere? La domanda è prima di tutto a chilometro zero.
  • È il quartiere, la città a guidare le scelte della cooperativa: Al Fresco si trova nel quartiere Albergheria, a Palermo. Una periferia urbana di fatto, collocata nel centro di Palermo, in profumo di gentrificazione: utilizzata dai turisti, ma di forte degrado. Ci sono case abitate da 12 persone, alcune senza luce, e un tasso di abbandono scolastico tra i più alti in tutta la città. Qui, nell’ex convento seicentesco di Casa San Francesco, che prima era un CAS (centro prima accoglienza) per immigrati, hanno prima ampliato gli spazi del laboratorio di Cotti in Fragranza. Poi nel 2018 hanno cominciato a fare catering e preparazione pasti per il CAS e per i senza dimora. Nel 2019 hanno scoperto il giardino, usato a mo’ di discarica: lo hanno rimesso a nuovo, e lo hanno aperto al pubblico. Prima c’è stato l’aperitivo, poi la ristorazione con piatti più complessi. Oggi fanno diverse attività culturali nel quartiere (mostre, concerti, letture per bambini, danno lo spazio gratuito per associazioni del territorio).
  • Lostello riqualifica un parco che era abbandonato, il Parco della Cittadella a Parma: non era degradato, ma non aveva servizi. Oggi è diventato un luogo aperto agli eventi culturali, frequentato da studenti e famiglie anche di altri quartieri. Si trova in un quartiere borghese, e sono diventati un punto di riferimento per eventi e ristorazione.

Spunti: vero che i ristoranti non sono fornitori di servizi, ma esiste qualcosa che si può fare per il quartiere e la comunità?

Al Fresco, interni
Ph courtesy Rigenerazioni

Chi è il personale che lavora nei ristoranti delle cooperative

Se andate al Bistrot Al Fresco, troverete un ragazzo migrante, rifugiato, che presenta la storia del progetto ai clienti e turisti: è un affabulatore, e sembra nato col dono del racconto. Questo ragazzo, di cui non riporto nome e generalità per privacy, quasi non parlava fino a pochi mesi fa: prima di arrivare a Palermo, è stato detenuto in Libia, dove ha subito ogni genere di tortura. Diverse volte gli hanno chiesto: “Sei stato in carcere?”. Ha sempre risposto di no. Da qualche settimana risponde:

Io ero in un altro tipo di prigione, la prigione della mia mente

Ecco cosa può fare il cibo: aiutare le persone che sono dentro una situazione di prigionia fisica e mentale a uscirne.

Quindi: nei ristoranti delle cooperative lavorano persone con fragilità o disabilità, ossia categorie protette, ex detenuti, rifugiati, persone a rischio marginalità, e in alcuni casi giovani NEET.
Persone che le cooperative individuano attraverso: i contatti con le ASL, le carceri, minorili e non, i SERT, realtà di servizi a bassa soglia, realtà territoriali come UEPE (Ufficio per l’esecuzione penale esterna) e SILD (servizio inserimento lavorativo disabili), poli operativi.
Vengono valutate le attitudini, e i desideri.

Tutto il personale viene formato, in percorsi diversi che partono tutti da condizioni simili: le persone che assumono arrivano da percorsi di incuria e da una sensazione di non farcela, da contesti con pochissime o zero opportunità. Questo affiancamento e il tutoraggio sono lavori a costo zero, e fa sorridere se pensiamo che nel mondo professionale stanno nascendo ora figure di disability manager ma che nelle cooperative di fatto lo sono tutti.
Le assunzioni e la formazione sono confronto e mediazione, costanti: assumere una persona in esecuzione di pena – che ha fatto una parte della pena in carcere, è uscito e sconta il resto della pena con delle restrizioni -significa collaborare con una persona che non può lavorare oltre un certo orario. Questo va a carico del resto dello staff, che comprende, perché un tempo era nella stessa condizione.

Dopo il primo ok, per alcuni c’è un tirocinio o periodo laboratoriale di 6 mesi retribuito, poi il tempo determinato e infine il contratto a tempo indeterminato. La formazione riguarda le capacità in cucina, gestione alberghiera, ma anche autoimprenditorialità. Con le dipendenze e col carcere, nel primo anno, il rischio di ricaduta è molto alto.

Il lavoro non si ferma qui: le cooperative diventano a loro volta agenzie accreditate per il personale, facendo un lavoro di sensibilizzazione e recruitement per aziende profit, moltiplicando quindi l’impatto della loro attività.

Andirivieni, lo staff
Ph courtesy Raggio

Quali sono gli stipendi e gli orari

All’interno delle cooperative, gli stipendi sono tutti molto simili. Viene applicato a tutti il CCNL delle cooperative. Tra l’ultimo e il primo della catena di lavoro in alcuni casi non c’è una differenza di oltre 1 e mezzo, o il lavapiatti full time prende poco meno della metà del presidente della cooperativa.

Rispetto ai ristoranti per come li conosciamo oggi, c’è una diversa qualità del lavoro e della vita: non ci sono mai doppi turni. Le ore di lavoro dichiarate sono quelle effettivamente svolte. Sia Lostello che Andirivieni rispettano sempre i riposi settimanali.
Al Fresco dà due giorni di chiusura – liberi – alla settimana. Inserisce gli straordinari in busta paga. Chiudono o non lavorano in momenti dell’anno ottimali per la ristorazione ma non per la vita privata, quindi una settimana ad agosto e a Natale. Svolgono attività di welfare sociale per i dipendenti con i fondi del PNNR per ridare in busta paga le spese mediche e sportive dei figli dei dipendenti.

Come si costruisce il menu nei ristoranti delle cooperative

Buona parte della comunicazione dei ristoranti delle cooperative sociali ha messo le persone con Sindrome di Down nella loro home page: venite e aiutateli, è il sottotesto.

Oggi è cambiata grazie a dio una certa sensibilità, ma forse anche la natura delle cooperative e della loro comunicazione: è cibo, è impresa, sono professionalità. “Non bisogna essere buoni per fare questo lavoro”, hanno aggiunto – mi ricorda molto il post su Helpcode. Lavorare nel sociale non significa essere bisognosi, e prova ne è il fatto che molte di queste realtà sono sostenibili, perché ragionano da impresa civile, pensando al profitto e al margine. Che c’è e viene ridistribuito.

Lostello, piatto
Ph courtesy Emc2

Tutti i ristoranti lavorano sulla qualità del servizio, e sul menu: si viene per il cibo, per l’offerta, per la bontà e non per pietà.
I menu di Andirivieni, de Lostello e di Al Fresco sono molto diversi, ma tutti assecondano la necessità di restituire un servizio al quartiere, con delle proposte costruite sulle esigenze di chi ci abita. La voglia di sperimentare, o alcune scelte più personali vengono messe in secondo piano.

  • Da Andirivieni il pranzo è rimasto a 12 euro, mentre a cena hanno un menu gastronomico che attira persone nel quartiere.
  • Nel 2018, da Al Fresco, è arrivato lo chef Francesco Gambino, che impostato una cucina territoriale semplice con una materia prima incredibile. Hanno stretto un’alleanza con Slow Food, e una partnership con Niko Romito, che li ha formati sulle focacce.
  • A Lostello il menu si appoggia su una filiera diretta, con un menu semplice e sostenibile.

C’è poi la questione fornitori, che accomuna tutte le cooperative allo stesso modo: su di loro, e sugli ingredienti, si lavora in maniera corretta ed etica. Si scelgono fornitori affidabili, si pagano in maniera puntuale, e il giusto.

Al Fresco, piatto
Ph courtesy Rigenerazioni

Il futuro dei ristoranti delle cooperative

Nel 2023, può essere complicato essere sostenibile con la sola attività ristorativa, pagando tutti e non facendo nero: crisi energetica, costo della materia prima, inflazione per cui hanno aumentato gli stipendi.
Si lavora sui bandi per far entrare più progetti, per diversificare, e se non lo hanno già fatto, l’obiettivo è di costruire un prodotto da vendere, che sia orto, o panificazione.

Gli spazi guidano la sostenibilità e lo sviluppo economico, e con loro la continuità educativa e lavorativa: per Lostello il sogno è ampliare il locale dell’Insolito, dove lavorare comodi, sereni, per fare trasformazione, per moltiplicare i progetti.

Si sogna e si lavora per una cucina a scopi educativi, come laboratori di panificazione per realtà che fanno accoglienza sul territorio, che coinvolgano realtà giovanili.
Si lavora per coinvolgere quanti più ragazzi possibile, per dare loro un’occasione e un posto di lavoro, per lavorare con i ragazzi a dispersione scolastica, per creare opportunità di lavoro sempre più qualificati.

Qui, col cibo, si lavora per il futuro.

Per approfondire

  • La cooperativa Raggio

Il sito di Raggio 
Il sito dell’Osteria Andirivieni, e il loro account Instagram

  • La cooperativa Emc2

Il sito di Emc2
Il canale Instagram de Lostello

  • La cooperativa Rigenerazioni

Il sito di Rigenerazioni
Il sito di Al Fresco 
Il canale Instagram di Casa San Francesco Rooms

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C'è Un commento

  1. Bello, grazie! Qualcosa che non conoscevo e che fa riflettere. Verrebbe voglia di sapere se vicino a casa ce n’è uno. Che tu sappia esiste un modo per scoprirlo? Grazie

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