Caro blogger, non stai scrivendo, stai comunicando

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Il tempo è tiranno, ma i tiranni possono essere sconfitti.
Così, mentre intorno a me si svolge il caos e la mia vita è un susseguirsi di scadenze e appuntamenti, ritrovo il piacere di aprire la dashboard del blog e riprendere in mano questo post che avevo iniziato mesi fa.
Decido di riprenderlo e terminarlo, perché scrivere e farlo per questo blog mi rendono felice.

La scrittura per il web e la condivisione dei contenuti (di un viaggio, di una cena) tramite i social sono due argomenti che vengono spesso snobbati o trattati i maniera superficiale da chi ha un blog.

Eppure la buona gestione di entrambi nasce da una competenza che si chiama in modi diversi ma risponde a una stessa domanda: come faccio perché i miei contenuti vengano trovati? Come faccio a far sì che quello che scrivo venga letto dai motori di ricerca come risposta alle domande degli utenti?

Non sarà un post sul SEO (per quello vi rimando allo SlideShare di Tiziano Fogliata, che riassume il talk che ha tenuto al FoodCamp di Milano), né tantomeno sui canali social dove condividere i vostri contenuti.
No, questo è un post sul buon senso.

Se avete un blog, e a questo blog sono associati più canali social, o il vostro profilo personale è indubbiamente collegato alla paternità di un blog, allora rassegnatevi: siete all’interno di un ecosistema di comunicazione. Questo si traduce nella considerazione più banale che possa esserci: se volete avere un diario segreto, compratevi un diario.

Se avete un blog, avete preso una direzione diversa, decidendo di comunicare con il mondo quella che è la vostra esperienza personale (o magari lo state facendo senza averlo ben chiaro).
Quindi, cosa si fa quando si comunica?
Si parla in maniera chiara, si individuano interlocutori con i quali dialogare e si stabilisce una relazione: robe da SEO, e da Social.

Tutto questo è una semplificazione imbarazzante, lo so, ma sono considerazioni che nascono da un panel sul Turismo 2.0 [per inciso: il 2.0 è ormai come il Carosello].
Tra i relatori c’era una blogger, che affermava che la sua esperienza di viaggio escludeva i social al 100%, preferendo godersi il viaggio guardando dal finestrino e annusando i tramonti piuttosto che twittare, fotografare, condividere. La blogger avrebbe scritto poi a casa sul proprio blog un post in cui condividere le sensazioni ed emozioni del viaggio, perché così avrebbe saputo narrare la sua vera essenza.
Parliamo di una travel blogger.

Il suo racconto, allora, mi aveva fatto riflettere moltissimo, e non su quella che può essere la mia personale ossessione all’utilizzo di certi social come Instagram, ma sul fatto che una blogger avvertisse come obbligo la possibilità di condividere sui social un viaggio che avrebbe comunque raccontato in un secondo momento e che la stessa blogger assegnasse valori opposti ai diversi spazi di comunicazione relegando i social in fondo alla scala.

Sono poi andata sul suo blog, bello, raccontato bene, ma anni luce dall’essere ottimizzato per i motori di ricerca e poco usabile.
E lì mi sono chiesta: se la tua attitudine è quella di condividere, se hai scelto di essere blogger, se hai scelto di comunicare un viaggio, conosci davvero gli strumenti con cui puoi raccontarlo?
Se (grazie a dio) non sei obbligata a instagrammare ogni centimetro di neve in cui affondi, conosci sul serio i diversi meccanismi che rendono fruibile e ricercabile il contenuto che metti in rete?
Se scegli di non perseguire una direzione, sei sicura che i tuoi lettori stiano facendo altrettanto? Sai che le persone interessate al tuo contenuto possono essere amici di Facebook, lettori del blog, twitteri?
Pensi che essere blogger voglia dire avere un proprio spazio sul web da cui far discendere sgradevoli palle di natale al momento opportuno?

Nel vostro spazio in cui parlate di prosciutti, pasta, cuochi, nel vostro spazio reso più grande dalla condivisione Social, voi state comunicando con un altro essere umano, appassionato come voi, che ne sa meno o più di voi ma ancora non lo sapete.
Avete a disposizione decine di strumenti e di linguaggi per comunicare con questa persona, e non siete costretti a usarli tutti: se non twittate un piatto poco prima di mangiarlo, lo giuriamo, non muore nessuno.
Conoscere la lingua italiana, il linguaggio dei motori di ricerca, i social aiuta però a essere consapevoli dei vari modi per comunicare il cibo e di intercettare il pubblico che ne è affamato.

Riformulo un concetto del buon Moretti : Le parole sono importanti. Pure Twitter.


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