Agriturismo Kent’Annos – L’accoglienza nelle Tenute Dettori

Abbiamo pensato di far visita alla vigna dei Dettori e portar via qualche boccia. Invece abbiamo scoperto che le Tenute hanno in casa il Kent’Annos, il loro agriturismo in mezzo alla vigna, attivo da qualche anno e di recente rivoluzionato. Da aprile officia in cucina Luca Galli, chef giovane e toscano che esegue ricette classiche del territorio sotto la guida e l’insegnamento della signora Dettori. Dunque abbiamo certificazione di territorio e tradizione, unite a capacità di cuciniere. In mezzo a una vigna. Bevendo vini naturali coccardati dagli esperti di settore. Sarebbe l’agriturismo perfetto, e in effetti è il miglior agriturismo dove siamo capitati finora, e l’unico dove vi manderemmo tranquilli, in Sardegna.

Menu fisso 35 euro con acqua, caffè, e vino bianco e rosso base della casa. Della casa Dettori. Oppure, 35 euro più 11 per una degustazione di quattro vini abbinati, il meglio a disposizione della cantina. Cantina Dettori. Che ci siate arrivati per il cibo o per il vino, quegli undici euro sono indispensabili. È un invito che è quasi una regola, fatelo, vogliatevi bene.

Piatti di tradizione, secondo quanto concede l’orto e il mercato. Restano fisse solo la zuppa anglonese (cugina della zuppa gallurese, ma meno famosa) e il porcetto. A noi sono capitate le polpette all’aglio, nel sugo, la fritellina di verdura con panatura di patate, melanzane con formaggio vaccino fresco, un’insalata formidabile di porcetto composta con gli sfilacci della carne arrostita il giorno prima. Il tutto espresso e ponderato, né polpette di granito, né frittelline unte. Salumi e formaggi veri, locali. Porzioni piccole, per arrivare in fondo al percorso.

Menzione d’onore per i ravioli di ricotta e nepitella. Che classe, la nepitella, e che mano, che cura, che attenzione nella sfoglia del raviolo. Piatto del viaggio lo spezzatino di pecora e patate, denso, sapido, grasso con giudizio. Dolci locali con il caffè, preceduti da un’anguria non tanto in forma.

NON CI È PIACIUTO
Il carasau, almeno quella sera era davvero popolare. Sembrava un pane di zona, del nord Sardegna, ma il carasau è cosa della provincia di Nuoro (o ciò che ne resta). L’illuminazione terribile. Carina l’idea dei lampadari ricavati da una tegola, ma la lampadina è una sorta di faro di segnalazione da cui bisognava distogliere lo sguardo pena vedere a macchiette tutta la portata successiva. L’anguria non era un granché, ma mi sono già vergognato di averlo scritto. Il caffé – alla moka – viene fornito a gruppi terroristici quale deterrente all’invasione dell’isola.

Questo il nostro promemoria, ma sintetizzando: la barbarie del rustico che medaglia il 98percento degli altri agriturismi sardi qua è bandita. L’approssimazione, l’incompetenza, il teatrino casereccio che fa tanto pittoresco, dai Dettori non passa. Il carrozzone di antipasti, le carni stracotte, la cucina della nonna al sapor di sale e strutto con i quali si buggerano i turisti, proibiti.

C’è volontà di proporre la tradizione, con piatti semplici, materie prime buone, e una mano felicissima in cucina. Sala spontanea e cortese, non rozza, tenuta dai titolari (il magnifico signor Paolo su tutti) e due ragazzi, uno chiaramente indigeno e l’altra chiaramente toscana, come il cuoco, come la signora del B&B che ci ha ospitato là nei pressi. Nessun mistero, è tutta la stessa famigliola. Bravi tutti. Si sta bene, si mangia benissimo, ma come si beve?

Il Renosu, vermentino e moscato, ha fatto da aperitivo ed è diverso, cangiante, giovane, ci è rimasto nel cuore. Il bianco di prima fascia, il Dettori bianco, ci ha seguito con gli antipasti. Un bel bianco, anche se il nostro stupore l’abbiamo riservato ai rossi.

Il Tenores con i primi, che scende giù delicato, diverso dai cannonau del centro Sardegna, acri e scorbutici. Questo, e “la Ferrari Testarossa” come ce l’ha descritto il sommo signor Paolo, il Dettori rosso, sono stati una scoperta. Rimandiamo alla descrizione dal (bel) sito internet del produttore, e aggiungiamo che noi li abbiamo trovati dolci e eloquenti, sfaccettati ma non schivi. Interessanti, piacevoli, dalla potenza elegante tanto che i 18 gradi alcolici, diciotto, ci erano sfuggiti, ce li hanno dovuti raccontare. Increduli, abbiamo letto dalla bottiglia, e ci siamo convinti che quello strano stordimento non erano il viaggio, il caldo, le fatiche della vacanza. In chiusura un Moscadeddu emozionante, che faceva da dolce chiusura a prescindere dal dessert.

 

Kent’Annos

Tenute Dettori

Strada Provinciale 29, Km 10
07036 Sennori (SS)
tel. 348.333.09.00 / 079.51.27.72
www.kentannos.it

 

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Ci sono 5 commenti

  1. Grazie mille per il bellissimo resoconto.
    Le luci della sala eterna sono orribili, concordo con voi….le lampade con luce gialla sono in arrivo per sostituire i “fari di segnalazione” :-)
    Mi spiace invece per il pane. É il carasau pistokku fatto col forno a legna. Ora non so cosa vi abbiano portato peró mi farebbe piacere spedirvene un pó per comprendere se é lo stesso che avete mangiato….
    Grazie ancora tanto per aver dato risalto al nostro lavro.

  2. Alessandro, era pistoccu? Noi preferiamo il pistoccu al carasau, e siamo affezionati a quello di Piroddi di Ilbono, che mette anche patate nell’impasto. Se capitate in zona andate in azienda, e fatevi dare il “Rosso”, che non distribuiscono perché troppo fragile per il trasporto, ma è una delizia. Comunque quello del pane era un dettaglio. Siamo stati davvero benissimo, lato vino era ovvio, ma lato cibo, che siamo difficilini, è stata davvero una scoperta. E con un’accoglienza come si deve, professionale e disinvolta, non approssimativa con la scusa agropastorale come spesso usa in Sardegna (specie dalle mie parti, nel nuorese).

    Per il pane, ti prego no. Siamo stati in Sardegna per due volte nel giro di pochi mesi e ne avremo forse dieci chili in dispensa. Ce lo veniamo a riassaggiare in loco alla prossima gita isolana :-)

  3. Parlate del pane carasau e del pistoccu, come se fossero lontani anni luce!
    Sono la stessa cosa: E’ tutto pane carasau!!!
    Viene chiamato in modo diverso da paese in paese: Pane carasau, pistoccu, pane fresa, vresa, etcc.
    Questo pane è diverso in ogni paese, è diverso da forno a forno, è diverso da famiglia a famiglia. In particolare dove nella famiglia vi è gente di campagna, si va sul più spesso pistoccu o assomigliante ad esso, mentre dove vi sono persone del terziario si va verso un pane più fino, dove si guarda al colore, lo spessore, la tostatura, etcc. a seconda del gusto dei commensali.
    Dove vi sono persone del terziario il pane viene fatto in tondine complete, mentre dove vi è gente di campagna, la tondina viene piegata in 4 parti (4 spicchi) in quanto deve viaggiare dentro “sa taschedda” (il tascapane sardo in pelle) e deve essere più spesso (pistoccu) per reggere gli urti. In particolare, quando si mangia in campagna, su pistoccu, uno spicchio della tondina, è più spesso in quanto deve fare anche da piatto e per un certo periodo deve sopportare il contenuto: Frue, pomodori, patate, carne, etcc.
    Spero di essere stato d’aiuto.
    Saluti.
    Giannetto Lapia – giornalista, maestro sommelier enogastronomo. g.lapia@alice.it
    0784- 85 41 33 // 340-41 27 219

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