10 buoni motivi per partecipare a un food tour

In Giappone ho preso parte a un food tour a Kyoto, organizzato da Arigato Japan, di cui parlerò nel dettaglio in un articolo per Munchies: è stato il secondo food tour della mia vita (il primo è stato in Thailandia), e ho pensato di creare un elenco del perché vale la pena partecipare sempre a un food tour.
Ho cominciato a parlarne in questa foto su Instagram ma ho pensato che valesse la pena sviluppare il discorso, o almeno argomentare il mio entusiasmo.

Ci sono un po’ di premesse, e un elenco che è stato costruito anche con le parole di Myriam Sabolla, che gestisce alcuni food tour (trovate le informazioni per partecipare ai suoi food tour alla fine dell’articolo).
E sì, ho ceduto anche io agli articoli-liste che piacciono tanto, finalmente!

Cosa è un food tour

  • Un food (o un culinary) tour è un modo per conoscere la cultura di una città, partendo dal cibo.
  • I tour sono guidati da una persona – professionista o meno – esperta di cibo, che seleziona ristoranti, mercati, negozi e attività gastronomiche della città.
  • Tra una tappa e l’altra i partecipanti vedono e vivono luoghi e parti della destinazione che spesso non riguardano direttamente il cibo, ma che hanno a che fare col contesto più ampio (architettonico, culturale, urbano).
  • Un tour è composto normalmente da una passeggiata e da alcune soste, che possono prevedere anche dei corsi o dei workshop: può portare alla luce degli aspetti più tradizionali o più moderni della città, ed è in genere un buon modo per conoscere la storia e degli aneddoti di quel luogo legati al cibo.
  • Nei food tour si mangia! Possono essere stuzzichini o pasti più completi, ma i sapori sono il veicolo di una storia: quella della città che stai attraversando.

10 buoni motivi per partecipare a un food tour

Ed ecco quindi dieci motivi per partecipare a un food tour anche se il cibo non è il vostro interesse principale.

1. Un food tour non è solo cibo, ma è l’occasione di vedere la città con gli occhi di altri turisti e di persone più locali.

Prima di partecipare ai due food tour, pensavo che il perno di questi tour fosse il cibo, e che la motivazione per partecipare fosse legata al gusto.

Sbagliato: la ragione per prendere parte a un food tour si incrocia con la possibilità di fare un’esperienza in cui il cibo è il filo che attraversa la città, e i suoi racconti, ma non si esaurisce nel gusto.

Lo dice benissimo Myriam, quando dice che “Il cibo diventa un’ottima chiave di lettura per capire la città e i suoi abitanti. Per esempio nel tour del centro io porto sempre i visitatori davanti al palazzo della Borsa (e alla scultura L.O.V.E. di Maurizio Cattelan) e racconto loro di come fosse la Milano da Bere degli anni ’80, di come fossero cambiate le abitudini che riguardano il cibo in quegli anni, e dell’influenza che hanno ancora oggi (e poi gli racconto di Peck e dell’Esselunga). O ancora, il rito dell’aperitivo – per come è nato e per come ancora oggi si svolge – credo che dica molte cose su Milano e sui suoi abitanti!”.

2. Un food tour è l’occasione per sapere come funzionano gli ospedali, quali sono gli stipendi medi, quanto costano gli affitti.

Quando viaggi in un posto diverso dal tuo, in un Paese lontano da quello in cui sei diventato adulto, ti poni spesso le stesse domande, ogni tanto per tastare il terreno rispetto alla voglia di mollare tutto e trasferirti lì: a tutti è capitato di viaggiare, per vacanza, e chiedersi “ma io, esattamente, perché devo tornare in Italia?”.

Solo che non sai come è la vita lì: da viaggiatore non hai accesso al quotidiano, non paghi le bollette, non sai come funziona l’anagrafe, o quanto è difficile o semplice aprire una partita IVA.
Un food tour ti permette di avere una guida locale che può rispondere a queste domande, in maniera conviviale come tutto quello che ha una relazione col cibo.

3. Un food tour ti permette di capire un cibo e il suo legame con il luogo, grazie alla presenza della guida.

Chi conduce un food tour è una persona che vive nel luogo dove il tour si svolge, e che mette in relazione il cibo (o un altro oggetto) a questo luogo, come un connettore.
Leggere di cibo, ma anche assaggiarlo, sono un’esperienza parziale per capire il contesto più ampio, se fatta da soli: una buona guida può essere il veicolo di informazioni vive, di prima mano, legate alla storia e alla cultura del posto. Certo, deve essere una buona guida.

Myriam dice che una persona che si occupa di food tour deve avere “una conoscenza estesa e approfondita della città in cui lavora e dei suoi locali, essere sempre aggiornato (e testare di persona) le novità. Essere goloso e curioso, saper coinvolgere e saper creare reti. E forse, la cosa più importante di tutte, avere empatia per capire al volo i bisogni dei propri clienti e adattare il tour di conseguenza. Quindi anche una certa flessibilità!”.

4. Puoi entrare negli stessi luoghi dove il food tour ti conduce, ma non mangerai mai lo stesso cibo

Il cibo non è mai solo cibo, lo dico da sempre. La parte più interessante del cibo, a volte, è il contesto, o le persone che lo preparano. Di sicuro sapere qualcosa in più sulle mura del locale, conoscere la storia di chi ha preparato la cena, fa la differenza: ti permette di capire gli sforzi, la filosofia, le influenze del piatto che hai di fronte.

Le persone che partecipano ai food tour come quelli di Myriam “potrebbero avere comunque accesso a questi posti, sono locali aperti al pubblico anche se abbastanza di nicchia. La differenza è data dall’approfondimento su quello che stiamo mangiando e dal fatto che in alcuni locali coinvolgo il proprietario nella spiegazione del cibo e nel racconto di quello che propone. Per questo motivo cerco di scegliere, dove possibile, piccoli locali di qualità.”.

5. I punti di vista più interessanti nascono dalle contaminazioni.

Il team di Arigato Japan è multiculturale, multiligusto, multietnico: mescolano guide 100% locali ed expat, perché insieme vedono tutti gli aspetti di un Paese. Chi viene da fuori, ha una curiosità che magari chi vive in un posto ha messo da parte; chi vive da sempre in uno stesso luogo, ha una conoscenza profonda della cultura di quel posto.

Insieme sono capaci di mostrare un luogo con più energia e consapevolezza di molte guide istituzionali che sono nate in quel posto, ma non se ne sono allontanate.

6. Ai food tour non partecipano maniaci del cibo: è tutto molto pop, conosci persone di altri luoghi  ed entri in relazione con persone di tutto il mondo.

Nei food tour a cui ho preso parte ho sempre conosciuto americani, e in genere è un ottimo modo per conoscere persone che vengono da fuori. Anche nel caso di Myriam “il 99% sono stranieri, mi è capitato una sola volta di avere due ragazzi italiani in tour. Context lavora con il pubblico canadese e statunitense, mentre Airbnb Experience è conosciuto molto all’estero e meno in Italia (e da me arrivano molti americani, spagnoli e tedeschi).”.

7. Un food tour è una fantastica Instagram opportunity.

Se viaggiate da soli, o in coppia – e sì, siete fanatici di Instagram – le vostre foto avranno uno, due coperti. Un food tour con pranzo o cena annessa è il modo per avere una foto dall’alto super composta, con piatti, bicchieri, mani diverse.
Sarà una cosa semplice, ma di questi tempi anche occupare il proprio tempo per fare foto che ci piacciono è un buon modo per passare il tempo.

8. Camminare con una guida ti farà vedere il cibo come non lo avevi visto prima

Durante il Matcha food tour ho imparato che il glicine in Giappone si mangia – in frittelle mi è parso di capire. Riti, usanze e abitudini del posto che sono diverse dalle nostre – anche se poi mi hanno raccontato che il glicine si mangia anche in Veneto, e che fritto mangiamo ogni cosa in ogni parte del mondo.

Myriam mi dice che “tra le cose buffe che mi sono capitate – oltre al mio misero tentativo di “educare” le masse al fatto che il cappuccino si beve solo al mattino – l’espressione di una signora americana davanti alla pizza enorme di Sorbillo: un misto di gioia, giubilo e sacro terrore!”

9. Puoi conoscere i migliori negozi per il food shopping

Diciamolo: conoscere i migliori negozi della città è una roba da locali. Sapere dove comprare le spezie, i tessuti, il dolce che ti hanno fatto innamorare della città può essere complicato ai tuoi occhi da viaggiatore che fanno fatica a mettere a fuoco e a distinguere. Una guida può mostrarvi le botteghe autentiche, i negozi più particolari, per farvi fare il food shopping più intelligente.

10. Un food tour ti permette di vedere anche il cibo della tua città in modo diverso.

Se il cibo non è il centro del food tour, lo è però l’esperienza che ci gira intorno, nelle parole delle persone che lo raccontano. Quando sono tornata in Italia, a Torino, ho cominciato a raccontare un po’ di più la città nelle mie stories di Instagram, cibo compreso: non sai quanta meraviglia può suscitare il cibo della tua città finché non lo vedi come lo vedrebbe un viaggiatore.
È stata una grande lezione.

Lo conferma anche Myriam, quando le chiedo se vorrebbe creare un tour per la città dove è cresciuta, Genova: “assolutamente sì, mi piacerebbe tantissimo! Genova è una città ancora tutta da scoprire, anche da questo punto di vista, e a livello di cibo offre tantissimi spunti. Lì esistono ancora botteghe e locali che in altre parti d’Italia non esistono più, per non parlare dei mercati e del cibo di strada. Sarebbe un tour meraviglioso.”.

I food tour di Myriam Sabolla

Chi è Myriam

Myriam si è occupata per anni di comunicazione digital per il settore food e non solo. Al momento lavora al suo nuovo progetto, The Food Sister: un servizio per chi desidera cucinare e mangiare meglio ogni giorno, senza immolarsi ai fornelli. Intanto continua a scrivere di cibo e a raccontarla anche attraverso i suoi food tour.

I food tour di Myriam: cosa sono e come partecipare

I tour di Myriam sono due:

  1. Context Travel, una società americana che si occupa di tour nelle città europee. Non hanno ancora la pagina del food tour.
  2. Airbnb Experience.

Per Context ho progettato e guido un food tour “classico”, che va a toccare i punti principali del cibo nel centro di Milano (Duomo e dintorni) esplorandone le connessioni con la storia della città, anche dal punto di vista sociale ed economico. Le persone che partecipano a questo tour sono solitamente over 50, molto acculturate (spesso professori universitari) e con aspettative molto elevate.

Per Airbnb Experience propongo invece “Milan for Veggies”, che come dice la parola stessa è un tour dedicato al cibo vegetariano e vegano e si snoda nella zona di Porta Venezia. Il target è molto più giovane e cool (possiamo dire anche hipster!), di solito sono persone vegetariane o che sono interessate a questo tipo di cucina ma che allo stesso molto curiose: in questo caso il mio scopo è far conoscere loro la nostra cucina in chiave veggie, cosa non difficile dal momento che molti piatti italiani sono per loro natura vegetariani.

In entrambi i casi il tour si svolge al mattino e comprende circa 6 degustazioni, partendo dalla colazione, passando per alcuni street food e la visita a un mercato, l’aperitivo e il pranzo. E dulcis in fundo, il gelato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.
Tutti i campi sono obbligatori.