Il tempo di settembre

Il nove viene bene a tutti: a disegnarlo, a scriverlo, anche a pensarlo.
Ci si ritrae giusto di fronte agli anni col nove. Verso il nove-mese si cammina a saltelli leggeri. Ci si fa inzuppare dall’aspettativa di un reset. Si martellano i mesi addietro ammassandoli in un trampolino di gomma. Si prende la rincorsa. Le mani si protendono verso rami immaginari.

Siamo tutti pronti a essere nuovi

Settembre poi arriva, e ha la concretezza di una madre sbrigativa che impedisce ai capricci dei figli di accomodarsi in casa.
Settembre è una scopa che viene messa nelle mani di chi attraversa le stanze con l’aurea di velleità, una bolla di platino appoggiata sulla testa a premere in basso le nuvolette e gli unicorni.
Cambiare non è un progetto.
Nella lista dei propositi e delle azioni non mettiamo in conto il tempo che ci rincorrerà come un cane affamato di gelato. Che ci farà ignorare i desideri che erano cristallini fino a ieri e ci porterà a cedere alle allusioni della nostra indole.

Come mantenere fede alla voglia di essere diversi?
Non su carta, non su uno schermo, non in una chiesa.
Non in una chat, non di fronte a una birra, non solo nei frangenti di esaltazione.

Cambiare non è promettere, anticipare, rincorrere.

Nel tumulto di settembre, quando avremo sgranato le energie del sole e del mare, mentre staremo resistendo alle nuvole cupe e al tempo corto, quando la nostra giornata sarà un filo di ferro su cui scivolano perline di osmio e noi ci sentiremo esausti e appesantiti, la soluzione sarà rimanere assetati.
Dimenticarci come era rinfrescante l’entusiasmo del nuovo anno. Accantonare la freschezza con cui avevamo chiuso l’estate, pensando che da lì sarebbe stato tutto diverso.

Andiamo a fondo. Isoliamo

Non è settembre che cambia le cose. Non è un numero. Non è un nove a essere sgargiante, quanto la capacità di prendersi una pausa e di escludere alcune cose.
Re-impariamo la sensazione di stare fuori da una pressa.
Accarezziamo il tempo senza sbrindellarlo. Siamo famelici solo di ciò di cui abbiamo bisogno.
Essere nuovi è sapersi rinnovati quando ci si siede e si fa il punto: dove sono ora? Ho fatto dei passi avanti? Posso superarmi?
Poggiando le scarpe da corsa al lato della strada, chiudendo gli occhi per assorbire un odore che ci porta altrove, toccandosi il corpo per chiedere come sta, se c’è, se ha voglia di seguirci per un altro pezzo.
Cambiare è saper inquadrare il cambiamento in un percorso di soste e ripartenze.
Spesso, è valorizzare la pausa. Fermarsi, e solo dopo avanzare.
Pazienza se non lo abbiamo fatto a settembre, siamo qui ora.

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