Gli effetti dell’esposizione dello sport sui social

Oggi sembra che tutti facciano sport: il 30% degli account Instagram che seguo corrono, l’altro 30% fa yoga, e solo il 10% si sente impunito a rimanere sul divano a guardare Netflix. E io, per la prima volta da anni, mi sento orgogliosa e dalla parte giusta del mondo a fare sport.
Non è immediato da spiegare ed è quello che proverò a fare in questo post: raccontare come è cambiata la mia percezione e la pratica dello sport grazie ai social network.

Con quale idea dello sport sono cresciuta

Sono nata nel 1980 a Salerno, in una famiglia dove lo sport era considerato un’attività corroborativa del fisico dei bambini e obbligatoria per uno sviluppo ottimale: per anni ho seguito corsi di danza e di nuoto, tuttora amo ballare ma ho disimparato a nuotare.

Non tutti gli sport erano adatti secondo la mia famiglia, alcuni per timori legati a un potenziamento spropositato degli arti o un loro storpiamento – il tennis ti fa venire la braccia lunghe, l’equitazione ti rende le gambe storte, io poi avevo anche la variante “la Tv ti fa venire la testa quadrata”. C’era una rosa limitata di sport tra cui scegliere nel mio paesino e nella vicina Battipaglia: ginnastica artistica, nuoto, danza, equitazione, tennis, e forse pallavolo.

Non esisteva una scelta ampia se eri un bambino che voleva fare sport, e soprattutto se non era la tua famiglia a spingerti, non era di certo la scuola ad educarti.

Alle elementari, mi sembra di ricordare, correvamo in un parco, o saltellavamo di tanto in tanto: ricordo molto di più il giardinaggio che il sudore della corsa, ma forse mi sbaglio. Alle scuole medie andavamo fuori nel cortile o in un’aula dedicata e facevamo qualche esercizio; al liceo si giocava a pallavolo, o si fumava una sigaretta chiacchierando con le amiche.

Nessun insegnante aveva una specifica preparazione sull’educazione motoria, e in Tv impazzivamo tutti a vedere le Olimpiadi, Giochi senza frontiere, Jury Chechi, gli atleti con quei corpi regolati da energie ultraterrene.

Lo sport non mi riguardava se non come tifosa: una volta che il nuoto e la danza avessero terminato la loro funzione di coadiuvante allo sviluppo del mio corpo e della mia capacità di coordinamento, non mi si prospettava una vita di cui lo sport era parte naturale. Così, quando lo abbandonai verso i dieci anni, credevo che sarebbe stato per sempre.
A pochi di noi era stato insegnato che lo sport fa parte della quotidianità, come invece accadeva con le verdure e la frutta, che eravamo obbligati a mangiare anche se non ci piacevano – o almeno, io detestavo ogni ortaggio e mangiavo la frutta solo in estate.

Cosa è lo sport per una teenager e una donna adulta

A 15, o forse 16 anni sono andata per la prima volta in palestra, per fare aerobica – credo che esistesse solo quello, di sicuro non c’era la parcellizzazione per parti del corpo, scuole di pensiero, paesi di origine, e grado di sadismo che esiste oggi. Andai con Sara, la mia migliore amica di quel periodo, per dimagrire: era l’unico obiettivo del fare attività sportiva, cioè perdere peso per indossare in maniera dignitosa costumi e abitini per le feste del liceo.

A 22 anni, già all’Università, tentati un corso di danza afro: rimasi bloccata con la schiena a letto per una settimana, ma mi ero divertita. Non avevo bisogno di dimagrire, nessuno della mia rete faceva sport, e non avevo una rete più ampia perché internet esisteva poco, e lo frequentavo ancora meno.

A 29 anni ho fatto la mia prima dieta, ho cominciato a camminare, sono tornata in piscina: dovevo entrare in un abito da sposa, non mi piacevo come prima, il foodblog mi aveva fatto ingrassare senza sensi di colpa. Avevo trovato la dietologa chiedendo ai miei nuovi amici foodblogger che avevo conosciuto sul web, ho scoperto che camminare 30 minuti al giorno faceva bene e calcolavo quanti chilometri percorrevo su Google Maps prima di uscire di casa. La mia rete cresceva, e qualcuno persino cominciava a correre.

Da tre anni a questa parte

Tre anni fa – o almeno la mia memoria mi riconduce al 2014 – le persone, tutte, hanno cominciato a correre, disegnando delle mappe virtuali esibite su Facebook, raccontando la quantità di chilometri e mostrando la quantità di sudore. Dalla corsa è arrivato lo yoga, il pilates, attività più intense tutte sponsorizzate: i marchi sportivi, ma anche beauty, hanno cominciato a coinvolgere influencer in corsi, attività di gruppo, contest a base di esercizio fisico e un pochino di competizione.

Io, col cuore, vi ho detestato tutti: vi ho detestato quando mettevate in mostra i chilometri, le scarpe di marca, l’allenatore figo, lo studio con vista. Ho detestato le conversazioni da nerd sugli orologi contachilometri, i vostri post con i chilometri percorsi, i commenti da tifosi. Vi ho detestato, e ho fatto di peggio: oggi non trovo nessuna parola più efficace di bullismo per definire il mio atteggiamento canzonatorio nei confronti dei tanti che facevano sport e ci tenevano a dirlo su facebook, twitter, instagram.

Nell’ultimo anno

Tra il 2016 e il 2017 ho seguito diverse donne che fanno sport per stare bene, e non tanto per dimagrire: Cristina Simone fa yoga, Arianna Chieli segue diversi corsi, e fa video dalla palestra, Valentina mi ha fatto scoprire la Pole Dance e un allenamento faticosissimo, Closette ha creato un monumento alla Cross Fit, Donata corre e corre così tanto che ci ha fatto anche uno speech al Freelance Camp.
Persone che integrano lo sport in uno stile di vita mai estremo, ognuna con una propria manifestazione della femminilità, tutte con una fetta del proprio tempo da dedicare allo sport per stare bene, e meglio.
Dopo i primi anni di super esibizionismo (o almeno: io lo pensavo così), nell’ultimo periodo l’impressione è che la qualità dei contenuti relativi allo sport sui social sia cresciuta, permettendo di avere accesso a una enorme quantità di informazioni passate in maniera accogliente, informata, entusiasta, familiare. Nessuno ti insegna dall’alto, tutti ci provano dal basso, lo sport può essere qualcosa che impari, apprendi, pratichi proprio come imparare a cucinare senza essere Cracco, o essere femminile anche senza tacchi.

Puoi scegliere lo sport che vuoi, il tipo di allenamento che fa per te, senza pregiudizi, senza bullarsi e bullare.

Che sport sto facendo io

A dicembre del 2016 ho cominciato a camminare in maniera più costante, comprando delle scarpe ad hoc. Poi sono rimasta bloccata con la schiena e sono andata a fare dei massaggi da Alessandro, che mi ha rimesso a posto. Al terzo massaggio mi ha mostrato la sala degli attrezzi, e io l’ho guardata con sufficienza, pensando che non ci sarei mai andata. Oggi sono tre mesi che vado lì una volta alla settimana, a fare un allenamento di tipo funzionale. Alessandro lo spiega così: “consiste in un lavoro a corpo libero (che prevede l’utilizzo di attrezzi non convenzionali esempio trx, kettlebell, sandbag), dove gli esercizi vengono inseriti in un circuito a tempo. Questo permette di tonificare il muscolo e lavorare in maniera aerobica in modo tale da aumentare il metabolismo e quindi lavorare anche sul calo ponderale del peso”. I risultati sono costanti e visibili, mi piace superare la fatica ogni volta – e ogni volta è un po’ di più -, il corpo intero sta meglio. Non ho cominciato con l’obiettivo di dimagrire ma di rafforzare gli addominali, e mi sono trovata a cominciare una dieta dopo, perché volevo raggiungere risultati diversi. E stare meglio nel complesso, nell’insieme.
Quando ho cominciato ero più che incredula: ma come, io che faccio sport? C’è voluto un po’ di tempo perché mi sentissi a mio agio con l’idea, ho dovuto superare i pregiudizi che mi ero costruita con gli anni, ma è stato innegabile: più mi muovo, più sto meglio con la testa, più il mio corpo sta bene.

Fare sport oggi

Se fossi nata a Milano forse sarei cresciuta con un’idea dello sport diversa, e tutto questo percorso sarebbe stato più lineare: forse sarei stata più aperta da prima, o la verità è che tutti i teenager vogliono cambiare il proprio corpo, e tutte le donne di 37 anni non vogliono invecchiare.

Aprirsi allo sport per me è stata una rivoluzione: farlo entrare in una routine dove ci sono già le creme, un’alimentazione corretta, è un cambio di marcia per il mio cervello ancora prima che per il mio corpo. Si cambia facendo, e se non avessi trovato un tipo di allenamento così adatto a me, se non fossi stata così motivata a ristabilire la mia forma fisica, forse non starei predicando in maniera così entusiasta.
Ne parlo oggi perché sono circondata da esempi positivi in grado di trasmettere lo sport (l’idea, e la pratica) con naturalezza: persone che si allenano, corrono, camminano, si mantengono in forma e lo fanno col sorriso e autentico sudore.
Dove non arriva la scuola, dove non arrivano le cerchie degli amici, dove non arriva la tua rete, oggi per mostrare l’equilibrio che deriva dal fare sport puoi contare sui social.

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Ci sono 2 commenti

  1. Sono arrivata a questo blog dalle instagram stories di Arianna Chielli.
    Trovo l’articolo molto veritiero, ben scritto. Complimenti! Io cammino e mi fa sentire bene il contatto con la natura. Scopro sempre dei posti bellissimi, che naturalmente fotografo.

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