Corsi per diventare foodblogger: ha senso farli?

Questa estate 2012 verrà ricordata, nel mondo blogger, per alcuni annunci su dei corsi per diventare foodblogger: dei corsi?!? Ma davvero? Ha senso farli? Quanto costano?

Si sono rincorse domande, ci siamo scambiati opinioni, si sono accese discussioni: cosa ne pensa lo Chef Sul Tavolo?

Facciamo ordine: il primo annuncio è stato pubblicato dalla Komaxsrl, ripreso da Style.it. Si tratta di un corso per diventare foodblogger, docente Chiara Maci, già blogger di Sorelle In Pentola, durata 1 giorno, costo 290€.
Il secondo annuncio era un’offertona su Groupalia: 39€ anziché 750€ per una giornata di corso, docenti Natalina Villanova e Nicola Santini (i link sono delle chicche, godetevele magari alla fine del post).

Ho scritto a entrambe le agenzie per chiedere quali secondo loro sono i possibli sbocchi professionali del foodblogger, quanti iscritti hanno avuto, come era composto il pubblico: non ho mai ricevuto risposta, quindi non so dirvi se questi corsi abbiano avuto successo o meno.
Io spero di no, e vorrei argomentare oltre le facili battute, ponendo delle domande all’ipotetico indeciso che sta scegliendo se frequentare o meno il corso***.

1. Sai cosa vuol dire essere blogger? Pensi sia necessario un corso per diventarlo?

Un blogger è una persona che ha un blog, ossia uno spazio sul web che può essere riempito con testi, immagini, video e il cui tema principale varia a seconda degli interessi della persona. Il blog è un diario, un racconto, una storia: hai qualcosa da dire? Ok, è il primo passo.
Hai una passione? Questo è il secondo passo, indispensabile, che nessun corso ti trasmetterà. Che parli di cibo, foto, bambini, il modo in cui racconti le cose, i risultati che ottieni dipendono molto dalla passione e dall’impegno che ci metti.
Un corso non ti insegnerà cosa ti interessa, né le parole giuste per dirlo: è la tua storia, solo tu sai come raccontarla. Puoi imparare come condividerla, ma è un altro discorso che viene dopo.

2. Perché diventare foodblogger? Pensi davvero che essere un foodblogger ti permetterà di trovare lavoro?

Ti guardi in giro, e il cibo è ovunque: vedi Masterchef e pensi che chiunque possa diventare famoso ai fornelli: guardi la Parodi, e pensi che chiunque possa cucinare. Vedi fiere, convegni, chef dovunque. Ora chiediti: quante di queste persone prima erano foodblogger? Ok, calcolo rapido e domanda facile.
Ora chiediti onestamente: pensi che avere un blog, dire qualcosa, fare foto belle sia sufficiente per darti uno stipendio? Pensi che l’editore food più figo del mondo capiti per caso sul tuo blog, veda le tue foto belle e decida di riempirti d’oro per farti scrivere le ricette di tua nonna? No, non funziona così: qualsiasi professione tu voglia imparare (e il foodblogger non è una professione), devi studiare, lavorare, fare esperienza, saperti vendere, sapere cosa cercare, tessere rapporti.
Puoi partire da un foodblog, ma non basta.

3. Cosa impareresti in un corso che non riusciresti ad imparare sul web e con l’esperienza?

Forse sono un po’ nerd, ma lavorando con i Social Media so che la formazione sul web non solo è possibile ma è auspicabile: tutto quello che ti insegneranno in un corso in aula era reperibile almeno 6 mesi prima on line, e 6 mesi e tre giorni prima in lingua inglese.
Devi aprire un blog, devi essere on line, impara a cercare da te le tue risorse: puoi cominciare da qui:
– Un sito che ti insegna come diventare foodblogger senza chiederti una lira;
– Un magazine che ti spiega chi sono i foodblogger;
– I nostri post dall’ironico nome: Hai detto foodblog?
[Disclaimer.1: ovviamente parliamo di corsi che trasmettono competenze come quelle dei corsi di cui sopra. Non mi riferisco in alcun modo ai corsi per diventare influencer, nono].

Oltre tutte queste argomentazioni, ce ne è un altra, forse la più importante: il foodblogger non esiste. Ci sono i foodblogger, anzi ancora meglio: ci sono persone che hanno un foodblog, che partono dalla passione per il cibo per arrivare a raccontarlo, a mangiarlo, a fotografarlo ognuno nel suo personale modo, ognuno col suo punto di vista e ciascuno con la sua storia.

*** Disclaimer.2: questo post non vuole mettere in dubbio le capacità professionali e la buona fede di chi progetta e tiene i corsi in questione.

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Ci sono 59 commenti

  1. io sono una che cercherebbe i corsi anche su come si beve un bicchier d’acqua, prima di tutto perché mi diverto a frequentarli – forse mi manca un po’ la scuola – secondo perché spero sempre che mi si aprano universi e mondi sconosciuti.

    Detto questo, io ho frequentato workshop e corsi, ma non per diventare foodblogger, quando per colmare alcune lacune che avevo (e che tutt’ora ho) e che ritenevo importanti: workshop di fotografia, sui Social Media, corso di pasticceria, corso di grafica, di inglese… in tutto questo c’era un oggetto specifico che veniva affrontato, e in alcuni casi ho pagato, e pure tanto.
    Adesso non vedo l’ora di frequentare il workshop di food writing a Londra, ad esempio!

    Quello che di questi corsi mi spaventa è il “come diventare” foodblogger, non come affinare quella tecnica o approfondire quell’aspetto.
    Mi pare che si mercifichi la passione, si voglia vendere un pacchetto chiavi in mano, e in questo sono d’accordo con tutti i precedenti commenti… visto che il foodblogging è ancora prevalentemente una passione, è come se ti dicessero: fai questo corso, ti insegno come si fa a tifare per la Juve… O.o’
    non so se ho fatto l’esempio giusto, ma quando io ho aperto il blog l’ho aperto per divertirmi, per fare una cosa che mi piacesse, dopo che per 3 anni avevo seguito il nuoto come fanclubbara.
    Tra un po’ arriveranno i corsi a fascicoli della DeAgostini, me lo sento…

    Ora concludo, però, dicendo che una volta che hai trovato la tua strada, chi sei, cosa vuoi raccontare, come lo vuoi raccontare, a chi e perché, ben vengano i corsi per aiutarti a farlo il meglio possibile, se ne senti l’esigenza. Ma questo dopo, non a priori, altrimenti verranno fuori tutti blog omologati, e si snaturerebbe la loro vera natura.
    ovvia, ho finito di scrivere… ‘notte a tutti!

    1. Jul’s, sicuramente non ti serve un corso per dire le cose in maniera chiara e pulita perché quello lo sai già fare :)
      Un giorno sarai nella case history di questi corsi ma si saranno persi che per diventare brava e in gamba avevi già tanto in partenza, compresa una meravigliosa testa che ti ha portato a cercare una formazione diversa, con della sostanza :)
      Promettimi che se una delle chiavi di ricerca del tuo blog diventereanno “Jul’s foodblogger famosa” tu cercherai quella persona e gli mostrerai che la via è un’altra :)

  2. Gran bel post, e siamo d’accordissimo con Anna di Cucina Precaria…si apre un blog perché si ha qualcosa da dire, una passione da condividere, tanta curiosità, indubbiamente anche un pizzico di narcisismo, ma “il foodblogger” ha ragione Anna, è una figura mitologica! Un po’ come la “rezdora” emiliano-romagnola, che si immagina perennemente con il matterello in mano a fare la sfoglia per decine di persone…sono quelle figure confortanti, che smanettano in cucina, che sono curiose di conoscere nuove ricette, che vagano per le fiere dei paesi, che vogliono raccontarti i ristorantini che hanno provato con critiche che Gordon Ramsey a confronto non è nessuno! Sono esserini buffi, come tutti raccontano, che fanno pasticci e che vogliono condividere il loro ricettario fotografandolo in piatti e luoghi di cui è meglio non sapere….forse qualcuno cerca la notorietà vendendo fumo, ma la maggior parte ha rispolverato la cucina come luogo di aggregazione, creandone una “virtuale” con il proprio blog. Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere il nostro gruppetto di “rezdore” con cui condividere la passione per il cibo e non solo, e siamo contente della crescente attenzione verso il mondo enogastronomico anche perché ha messo in luce pratiche come le conserve e affini homemade che si sono un po’ perse nel tempo. Detto questo siamo convinte che se le nostre nonne sapessero che il loro “mestiere” ora è considerato un lavoro andrebbero a suonare a Casa Parodi…

    1. Vale, chissà se questo aspetto verrà mai fuori da corsi. QUesto effetto collaterale per cui apri un blog e ti trovi in mezzo a una corrente umana chiaccherina e frizzante, o se ti insegnano solo a mirare al business. Peccato, ci si perde il meglio

  3. grazie per la cit. del magazine.. dove ovviamente era ironica anche la mia visione nell’incasellare “una categoria” che non esiste che è meglio dire appassionati di food, web, foto etc.
    Concordo con un po’ di pensieri vari qui sopra da Juls, ad Anna e Ale.
    Come si dice sopra mi fa paura il “ti insegno a diventare..” se hai una passione non vedi l’ora di fare tutto subito, come quel blog bello che guardi spesso, e il bello è proprio cercarsi le cose in rete e provarci a mio avviso. Io così ho scoperto la mia passione per il social, ora partecipo a corsi per migliorarmi e affinarmi, ma non mollo il web! E’ qui che arriva tutto prima, basta saper cercare e guardare, e pure questo è essere un blogger, a mio avviso.

    1. Hai colto una questione importante, l’essere blogger prima di aprire un blog. Saper cercare, essere curiosi, recuperare informazioni e confrontarsi on line.
      Se hai questa attitudine, forse ti basta una googlata per farti passare la voglia di frequentare questi corsi :)

  4. che ci fosse gente capace di vendere aria fritta lo sapevo già… ma questa, poi…
    sinceramente non conosco i “docenti” ma parlare di buona fede…!!

    1. Parlo di buona fede perché quelle persone io non le conosco, e non ho voglia di criticare e gettare opinioni negative così a pelle :)

      1. aprire un blog ormai è un’operazione a prova di stupido.
        aprire un foodblog significa avere delle competenze di:
        cucina
        fotografia , imparabili in corsi specifici (di cucina e di fotografia, non in quelli di cui stiamo parlando ora)
        scrittura, imparabile a scuola e per la quale nessuno pensa di fare un corso e, ahimé, si nota sempre più spesso

        + quel quid di comunicazione che dipende da come si è e non c’è corso o pianificazione a tavolino che tenga.
        Se chi organizza questi corsi a strapagamento sa ed è consapevole di queste piccole regole basilari, non può essere in buona fede.
        Scusa ma io sono un po’ più tranchant (anche come foodblogger^^)

  5. In queste offerte mitologiche leggo anche un risvolto di una crisi, non solo economica. Se avessimo un’economia florida con lavori veri, delle infrastrutture efficienti per la famiglia, dei lavori piú gratificanti , quanti crederebbero nella “professione foodblogger”?.
    A volte mi sembra che il “sono una foodblogger” sia una bella bugia che ci si racconta per nascondere una realtá durissima.
    Bello l’articolo cari cuochi sul tavolo.

    1. Carissima Simo!
      La crisi c’è, si tocca, e ognuno prova a reinventarsi in qualche modo. Magari qualcuno ce la fa, e gli auguro in bocca al lupo!

  6. Le persone sono sempre alla continua ricerca di lavori appaganti, se una persona ama cucinare perchè non far diventare la passione un lavoro? questo è legittimo, alla fine la speranza di tutti di fare una passione il proprio lavoro, peccato che nella vita vera sia un pò difficile vivere di quello che ci piace davvero fare, e la maggior parte della volte bisogna fare un lavoro perchè ti da uno stipendio sicuro a fine mese e non perchè è il tuo sogno nel cassetto da quando hai 3 mesi d’età!
    Chi offre questi “corsi” dovrebbe specificare che ti aiutano ad avviare un hobby (come se ce ne fosse bisogno) e non un lavoro, perchè il 99% delle persone che tengono un foodblog lo curano dopo 8/10 ore di lavoro giornaliero, e chi vive del blog, non si mantiene con i banner, ma si fa da fare ai fornelli.

    Purtroppo l’ingenuità e la cattiva informazione fanno capitolare i grandi sognatori a volte un pò ingenui [per la serie : ti piace vincere facile?] , ma di sicuro le uniche persone da condannare, sono quelle che cercano di fare i soldi alimentando le false speranze di chi crede ancora che per diventare qualcuno o qualcosa, bastano 4 o 10 ore di corso pomeridiano a 39 euro °-°

    1. Grazie del commento Vale: mi hanno scritto delle persone in pvt su facebook, ringraziando me per il post e voi per i commenti, perché si stanno chiarendo le idee su cosa fare :)

      1. é proprio durante i momenti di crisi economica che le truffe sono più comuni, perchè le persone spinte dal bisogno e la ricerca di scorciatoie per un guadagno facile cadono nei tranelli, questo vale in generale, ovviamente. bacio V.

  7. Che si tratti di un argomento o di un altro forse valgono le stesse considerazioni… soprrattutto concordo sul fatto che “il foodblogger non esiste”! Non sono un foodblogger, non sono un trevelblogger, non sono un blogger ma ho un blog che parla delle mie passioni e della mia vita, un modo per condividerlo…

    Complimenti, un post intelligente davvero!

  8. Pienamente d’accordo con te Maricler, da buon informatico alle tue domande aggiungerei: Prima di “diventare foodblogger” hai già avuto esperienza nel campo dei blog? Sai come aprirne uno? Sai caricare una foto, magari della dimensione corretta, su un sito? Hai una vaga idea di cosa sia un nome a dominio, della differenza tra server web e browser? Ce l’hai almeno un amico che ne capisce di internét che possa aiutarti? Perché potrai fare anche le migliori ricette e le migliori foto del mondo, ma se non sai “stare” online dubito che farai molta strada in rete.
    E ho qualche dubbio sul fatto che le risposte a queste domande verranno dai corsi in questione, magari però mi sbaglio..
    Dite che sono troppo talebano a pensare che una persona che non ha mai scritto due righe di html, non sa caricare e ridimensionare una foto o non è in grado di aprire un blog senza essere tenuto per mano, ecco, sarebbe meglio che studiasse un pochino prima di aprire il blog? :P

    1. Grimmo, sei un nerd :) Scherzi a parte, penso che gli strumenti informatici possano essere acquisiti durante il percorso da blogger, come dire. Prendi noi, che prima eravamo su dblog, poi siamo passati a wordpress, e di strada informatica ne abbiamo fatta parecchia.
      Seguire un corso focalizzato solo su quello ci sarebbe stato utile indubbiamente!

  9. Ne scrivo da anni, ho scritto anche un e-book su questa cosa e la risposta che mi sono data è sempre la stessa: la gente vuole sfondare in qualunque modo e se vede quella che viene da Internet e che ora sta in televisione pensa di poter fare la stessa cosa e paga per farlo.

    E mi spiace dirlo ma tutto questo nasce anche perché molte di quelle persone che si definiscono “foodblogger” sono troppo piene di sè da prendersi talmente tanto sul serio da far credere che davvero si possa imparare un mestiere che mestiere non è.

    Mi fanno ridere anche i corsi “online” che non ti chiedono una lira onestamente perché sempre frutto di scelte accurate attira-utenti/marketing oriented sono anche se mascherate da azioni “umanitarie”.

    1. Ciao Veru, come già detto su Twitter, non amo generalizzare. Soprattutto, il focus non è sui foodblogger, ma sul foodblgger come professione e su chi pensa che sia possibile insegnare a diventarlo ;)

      1. Anche il mio focus era su quello ma da un’altra prospettiva.

        Vale la stessa regola: il foodblogging diventa professione nel momento in cui c’è gente che si professa foodblogger di professione o fa credere di avere qualcosa da insegnare agli altri.

        La domanda in questo caso regola l’offerta che a sua volta crea domanda e tutto questo anche se è abominevole (ma è abominevole sia che lo si faccia a pagamento che gratuitamente, almeno per me) è determinato dal fatto che il successo e la voglia di sfondare regolano il mondo, c’è da farsene una ragione e vedere un pochino oltre l’apparenza!

  10. sai che non sono daccordo? non trovo ci sia niente di ingannatorio, sicuramente sono ci sono soluzioni piu’ semplici e gia’ disponibili volendolo fare da soli, ma di spese superflue ce ne sono tante e questa non mi sembra peggio delle altre. faccio sempre un pensiero simile sui corsi di calcetto per bambini (ce ne sono milioni), quando ero piccolo prendevi il pallone e andavi a giocare, fare un corso che senso ha??? tanto calciatori non diventeranno e possono semplicemente prendere il pallone e giocare. e’ lo stesso concetto…

    1. Ciao Emidio, ok, però leggi ad esempio il commento di Jul’s qui sotto. Ci sono corsi utilissimi, che approfondiscono degli aspetti del foodblogging e che possono effettivamente indirizzare a una professione. Questo però una volta che si hanno le basi e una buona passione di partenza.

      1. Da brava nerd dovresti inserire l’opzione di commentare contemporaneamente su fb e qui, in modo da non ripetere i post :-) magari al corso per foodblogging spiegano come si fa! :-)
        scherzi a parte, ti ripeto la risposta: non ho detto che sono utili, ho detto che sono superflui, ma non sono ne’ insensati ne’ ingannatori, dato che ci sono persone che partecipano ed evidentemente ne sono soddisfatti.

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