Fare sistema nel mondo food: il problema foodblog

Mi occupo di comunicazione da 4 anni: da qualche mese ho lasciato l’agenzia dove lavoravo e sono diventata freelance, occupandomi di eventi e Digital Pr, con qualche slancio verso i social media.
Se il mio lavoro è diventato questo, devo ringraziare questo blog: se sono riuscita a trovare la mia passione e il mio talento, se questa passione è cresciuta fino a tramutarsi nel mio lavoro, la causa si trova qui, sotto questo header e tra le righe della blogroll.

Ma c’è un problema con questo blog.
Il problema è che il blogger, nel mondo del food, raramente viene considerato come un professionista che comunica la sua professione anche attraverso il blog, con le dovute eccezioni di giornalisti e critici che però hanno il blasone della carta a renderli credibili. O colleghi che proteggono di più la categoria.

Mi accade quindi spesso di essere interpellata per richieste che altrove verrebbero contrattualizzate e che, visto che “tanto sei blogger”, vengono fatte passare come richiestine innocue: hai qualche blogger da consigliarmi? Devo fare un contest, chi posso coinvolgere? Devo creare un evento, chi posso invitare? Avresti qualche nome da passarmi?

 

Ogni tanto rifletto sulla professionalità che sta dall’altra parte, quella che avanza queste richieste, e mi chiedo a cosa pensa: ci sta provando? Pensa che io sia circondata da amichette blogger con cui passiamo i pomeriggi a ridacchiare mangiucchiando zucchero filato? Pensa che questo lavoro non sia tale? Non ha le competenze per fare da sé questo lavoro? Non ha il tempo? Chiamerebbe mai un giornalista chiedendogli quali colleghi può invitare?

Sono domande che lasciano il tempo che trovano, e che non mi pongo ovviamente con chiunque (collaboro senza problemi, condivido competenze e contatti con amici e colleghi che conosco, e poi come dice Nicola, “chi non caga muore gonfio”).
Per tutto il resto (cioè  il 95% delle volte) mi faccio pagare, perché è il mio lavoro, e sarei davvero stupida se pensassi che il mio lavoro non ha un valore.

Questo post non è contro quel qualcuno che mi chiede se voglio lavorare gratis (basta non farlo e passare oltre), ma una riflessione sulla considerazione che quel qualcuno ha dei blogger, e in genere molti di quelli che con i blogger ci lavorano, di cui scrivono, che sono la loro cassa di risonanza e che magari a loro volta hanno un blog.
Valerio, sì, sto parlando anche di te.

Senza arrivare a stimare per partito preso tutti i blogger (occorre sempre scendere nell’individuo), non mi sognerei mai, come professionista, di sottovalutare le competenze altrui perché quella persona è un foodblogger, o un giornalista, o un arrotino, o qualsiasi altra cosa.
Di generalizzare attribuendo meriti, valori, difetti per il colore delle idee, del mouse, dello smalto.

Quindi, caro editore, pr, ufficio stampa che mi contatti perché vuoi che ti passi la mia mailing, continuerò sempre senza problemi a parlare con te, ad approfondire dove è il caso, a fare la vaga in altri momenti.

Pensa però a questo: la mia rete nasce da questo blog, e la mia rete ha un valore.
Le reti di molti foodblogger hanno più valore della tua, e molti foodblogger hanno imparato a dare un valore a quelle reti: impara anche tu a valorizzarle.
Collaboriamo in modo equo, facciamo sistema.
Possiamo davvero vincere entrambi.

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Ci sono 29 commenti

  1. Non hai idea di quante volte mi capiti questa cosa, l’ultima la scorsa settimana.
    Il mio network ha un valore, ci sono persone che lavorano proprio grazie a loro network di persone … non vedo perche’ io devo fare il lavoro per te…
    Mi piace la frase sui giornalisti… se non lo fai con loro perche’ lo fai con noi?
    Ottima riflessione
    (scusa accenti aprostrofi, sono sulal tastiera inglese)
    un abbraccio
    sonia

  2. Dici cose molto vere, che condivido, come altrettante ne condivido nel post di Valerio Visintin. Il blog è potenza, non atto. Puo’ essere tutto, informazione raffinata o propaganda melmosa. A ciascuno il suo ;-).

  3. Cara Mariachiara,
    mi sento di condividere in pieno le tue parole. Purtroppo, in questo paese di retrogradi, caste, ordini professionali, privilegi inattaccabili e ritrosia a qualsiasi tipo di cambiamento, riconoscere che i tempi sono cambiati è sempre molto difficile.
    In moltissimi altri paesi quella del blogger è considerata a tutti gli effetti una professione, perché di questo si tratta, specie se vi si dedica la maggior parte del proprio tempo.
    Qui fa molto più comodo vederla come un hobby, tutt’al più una moda passeggera. Non riconoscere il blogger come un professionista significa automaticamente squalificarne le competenze, e non solo per evitare di retribuirle (moda ODIOSA e tipicamente italiota). Non riconoscere la professionalità del blogger è anche e soprattutto un modo per difendere l’indifendibile. Ad esempio, un giornalismo non più in grado di tenere il passo dei nuovi media. Una classe dirigente incapace di colmare il digital divide del paese. Un modo di pensare i rapporti di lavoro che puzza di muffa e naftalina.
    Io sono un blogger e lavoro in comunicazione, in un settore, quello dei social, che ancora adesso viene visto con un certo sospetto da una gran parte degli addetti ai lavori “vecchio stile”. La sento, la ritrosia. La voglia di squalificare. Il “tanto chiunque lo può fare, cosa ci vuole?”.
    Credo ci vorranno generazioni, per cambiare la testa di questo paese. Sempre che ci rimanga a vivere abbastanza gente di grado di cambiarlo. Io ho i miei dubbi.
    Hai il mio supporto.
    F.

  4. Faccio notare che non solo le considerazioni scritte in questo post sono intelligenti (vabbè, questo lo si sapeva già) ma secondo me valgono più in generale e non solo per il mondo (food)blogger: c’è bisogno di collaborazione, anche per il valore aggiunto che questa può sviluppare dal punto di vista economico, ma deve sempre essere coniugata con l’intelligenza di capire chi è il nostro interlocutore…

    1. Ciao Marco, molte di queste riflessioni nascono infatti da rilfessioni più ampie condivise altrove, proprio in termini di collaborazione.

  5. Dove si firma per sottoscrivere?!?!
    Ogni tanto leggere “nel bene” dei food blog mi fa tirare un sospiro di sollievo, ormai ci dipingono come Barbie lobotomizzate, con il camper pieno di meraviglie, peró.

  6. Come il solito un bel post.
    Sul valore del network di “conoscenze” concordo. Il network ha un valore che nasce dal valore riconosciuto e rispettato del proprio valore e da quello del lavoro altrui. Sono reti che si creano non su un’ipotetica fiducia, ma su una fiducia basata sul contatto, virtuale o reale, quotidiano.

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